Quella con il Bologna è stata, per sua stessa ammissione, la miglior partita di Diego Perotti tra le 31 partite disputate in giallorosso, arricchite da 7 gol e 10 assist (4 e 3 in questa stagione): non pochi, ma nemmeno tanti per un calciatore con le sue qualità, uno in grado di trasformare in un’occasione da gol ogni palla che gli passa tra i piedi. «I tifosi mi chiedono di segnare più gol, e io vorrei accontentarli», ha detto domenica sera. Sul suo talento non ci sono mai stati troppi dubbi, fin dai tempi in cui il Siviglia lo prese dal Boca Juniors sembrava destinato a calcare palcoscenici importanti. L’esordio in nazionale («Maradona era il c.t. e mi ha mandato in campo al posto di Messi, che uscendo mi ha dato il cinque: se esiste un tempo e un luogo per il riscatto di tutte le cose che sembrano perdute, quello era il mio» ha detto qualche tempo fa) e l’interessamento dei maggiori club europei, compresa la Juventus che però si tirò indietro di fronte alle elevate richieste economiche del Siviglia.
I tanti problemi fisici ne hanno rallentato l’esplosione, fino alla chiamata del Genoa: «Lì mi hanno cambiato il fisico», ricorda con la gratitudine di chi sa di essersi trovato ad un bivio della propria carriera e di aver imboccato la strada giusta. Una strada che poi lo ha portato nella Capitale («È stato un colpo di fulmine») dove si è formata una piccola colonia argentina con Fazio, che conosceva dai tempi di Siviglia, Iturbe e Paredes.
(corsera)