IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - In fondo, perché stupirsi? Cosa c’è di strano, in una città dagli umori schizofrenici e dai multipareri a gettone come Roma, se dopo la partita di Napoli in molti (tanti, troppi) hanno scoperto che Florenzi non può fare il terzino? O meglio, che se non fa (solo) il terzino è meglio? Già: dove sta la notizia? Sono anni (va beh: mesi...) che la tribù degli intellettualmente onesti (calcisticamente parlando, non vi impanicate...) va raccontando che il Bello di Nonna non è mai stato, non è e non sarà mai un terzino di stampo classico. Ignoranti o prezzolati, però, l’etichetta più ricorrente per gli eretici che non diffondevano il verbo trigoriano. È il nuovo Dani Alves, ricordate il tormentone intonato sulla Laurentina? Ma perché, scusate, Dani Alves fa il terzino? Quando mai... Però ha fatto comodo ripeterlo fino allo sfinimento che Florenzi lì ci stava bene, salvo metterlo da tutt’altra parte con l’arrivo di Bruno Peres... Non è bastato che Luciano Spalletti nelle sue convocazioni lo infilasse sistematicamente nella categoria dei centrocampisti: non è bastato vederlo andare in affanno da esterno basso a destra anche contro avversari realmente modesti: c’è stato bisogno della strepitosa prestazione di Napoli per capire dove deve giocare. Difesa a tre, Ale un po’ quarto terzino e un po’ (tanto...) centrocampista: morale della favola, applausi a scena aperta. Per lui e per la Roma.
MAESTRO E ALLIEVO La speranza, per Ale, è che finalmente quello bravo a fare tutto, da riparare le stufe a gas a sistemare i rubinetti del bagno - che in una casa ci sta benissimo -, diventi una volta per sempre un operaio specializzato. Basta co ‘sta storia del jolly, per favore. Che non gli rende onore. Basta col Florenzi che dove lo metti sta bene. Se uno fa alla grande il portiere, non deve giocare in attacco. E se uno non fa benissimo l’esterno basso, non deve fare l’esterno basso. Meglio impiegarlo dove rende al massimo, e Spalletti, un pò per necessità e un pò per intuito, a Napoli l’ha capito. Ricevendo in cambio un rendimento spettacolarmente corposo. Decisivo, anzi. Nel calcio, lo ripetono da sempre i Grandi Vecchi, non c’è più niente di inedito, nulla può esser più inventato perché tutto è già noto, conosciuto, provato e magari anche abbandonato. Si può, però, rivedere un’idea, rielaborarla, rimodellandola e plasmarla su misura per questo o quel calciatore. Sotto questo aspetto, Lucio con Florenzi ha dimostrato al San Paolo di avere occhi aperti e mente spalancata: un colpo da Maestro. Tornare indietro, ne converrete, sarebbe una mossa da allievo somaro.