IL MESSAGGERO (M. IZZO) - E’ diventata rosso sangue la lapide dedicata a Ciro Esposito vandalizzata con della vernice. Era stata deposta lo scorso marzo da un anonimo, in viale Tor di Quinto, nel quartiere in cui il tifoso del Napoli fu ferito da un colpo di pistola, che ne causò la morte dopo oltre 50 giorni di agonia in ospedale. Gli scontri avvennero alla vigilia della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina nel maggio del 2014. La lapide è stata imbrattata a dieci giorni dalla sentenza di primo grado della Corte d’Appello che condanna Daniele De Santis, ex ultrà giallorosso, a 26 anni per omicidio volontario. A denunciare quanto accaduto è stata su Facebook l’Associazione Ciro Vive. «Ecco la fine che ha fatto la targa – si legge nel post – dopo che media e stampa l’hanno pubblicizzata, qualcuno ha pensato bene di infangare ancora una volta il suo nome e il suo ricordo, ma Ciro vive nonostante le vostre cattiverie. Dio farà il suo percorso». Anche il papà di Ciro, Giovanni Esposito, ha commentato sul social network il gesto. «Come non spegni il sole sparandomi – ha scritto in un post – Non togli ciò che è scritto con la pittura».
REAZIONI Appena pochi giorni fa, l’iniziativa di un anonimo di lasciare la targa in viale di Tor di Quinto, aveva raccolto il plauso dell’associazione “Ciro Vive”, che sempre su Facebook commentava: «Non sappiamo quando e chi l’abbia fatto, ma ringraziamo di cuore chiunque abbia compiuto questo nobile gesto». A denunciare e stigmatizzare l’episodio anche il consigliere regionale campano di Davvero Verdi Francesco Emilio Borrelli e Gianni Simioli conduttore della Radiazza. «Il tutto è avvenuto dopo la condanna in primo grado a 26 anni di carcere per Daniele De Santis - accusano appena appreso la notizia - il tifoso romanista che ha sparato a Ciro Esposito provocandone la morte. Il rispetto è scomparso lasciando spazio solo al rancore che si manifesta con una lapide oltraggiata. Non solo il nostro Ciro Esposito è stato ucciso brutalmente e senza ragione ma viene anche disprezzata e offesa la sua memoria in modo infame». Le parole cancellate dalla vernice rossa, con cui è stata completamente imbrattata la targa, sono quelle che l’autore ignoto del testo ha fatto incidere, cercando di interpretare lo stato d’animo di Ciro, prima e durante quel tragico episodio. «Bambini che urlano, gente che scappa – si legge sulla lapide - io mi fiondo per aiutare ma d’improvviso mi accascio al suolo, sono confuso, non ricordo. Ora in ospedale capisco che qualcosa mi è capitato, a me hanno sparato, io che sono un bravo ragazzo, lavoro, tutto per la famiglia, fidanzata, la mia passione per il Napoli. Vedo mammà che mi stringe la mano, 50 giorni di calvario, ma qui qualcuno è venuto per portarmi in uno stadio dove la violenza non c’è, tutto è azzurro come il mio Napoli. Ora vi saluto, qui riposo in pace». E ancora: «Ciro non va dimenticato perché per il Napoli si è sacrificato. Mo’ lasciatemi andare, mi aspettano allo stadio, dove razzismo, odio e delinquenza non possono entrare». L’indignazione per il gesto è stata espressa anche sui social network. «Ci avrei scommesso un milione di euro che veniva rimossa» è uno dei commenti al post dell’Associazione Ciro Vive, che aggiunge: «Chi ha fatto questo è semplicemente un essere ignobile senza cuore e senza anima come chi gli ha sparato. Sicuramente non è colpa di chi veste o porta colore e bandiera diversa, che sia romano, napoletano, milanista… non vuol dire che sono tutti mostri”.
APPELLO E poi l’invito dell’associazione Ciro Vive: «Cerchiamo di non metterci allo stesso livello». La lapide verrà ripulita questa mattina dai Pics, la sezione pronto intervento decoro urbano e dall’Ama.