IL MESSAGGERO (L. DE CICCO) - Una presentazione a tre, tra affari e calcio, per provare a rilanciare il progetto del nuovo stadio a Tor di Valle, ingolfato tra ritardi, lacune progettuali e stroncature eccellenti. Davanti alla stampa convocata in un ufficio di piazza Santi Apostoli, ieri mattina c’erano il direttore generale della Roma, Mauro Baldissoni, un rappresentante della ditta di costruzioni Parsitalia e un delegato della Lend Lease, società australiana che offre consulenze per la realizzazione di infrastrutture. Ai giornalisti, Baldissoni ha illustrato uno dei punti più dibattuti del progetto Tor di Valle, le cosiddette «opere di pubblica utilità». Vale a dire gli interventi, a carico dei privati, che dovrebbero giustificare la realizzazione, accanto allo stadio, di un mega-complesso di alberghi, uffici e negozi. Un «Ecomostro», come lo ha ribattezzato Legambiente, che vale l’86% delle cubature (appena il 14% invece andrebbe agli impianti sportivi). Il braccio destro di Pallotta ha snocciolato un po’ di numeri, parlando di «1,7 miliardi di investimenti», «10 chilometri di strade» che verrebbero ristrutturate, dalle rampe per la Roma-Fiumicino al raddoppio dell’Ostiense-Via del Mare (ma solo fino a Tor di Valle). La riunione si è chiusa con una serie di rendering futuristici che illustrerebbero il nuovo impianto, i campi di allenamento e poi, il vero cuore dell’operazione calcistico-immobiliare: i tre grattacieli da oltre 220 metri più altri 15 edifici tutti a scopo commerciale.
PUNTI CRITICI Quello che i grafici 3d non dicono è che restano ancora irrisolti tanti nodi cruciali del progetto, a partire dall’area scelta per la costruzione dello stadio e dei grattacieli. I privati hanno indicato una zona che secondo l’Autorità di Bacino del Tevere ha il «livello massimo di rischi idrogeologici». Ieri Baldissoni ha parlato di un investimento «da 15 milioni» per mettere in sicurezza il fosso di Vallerano. Ma è un intervento già considerato insufficiente dall’Istituto nazionale di Urbanistica: potrebbe non bastare per evitare le esondazioni, tenendo presente la quantità «spropositata» di cubature che i privati vorrebbero edificare. Altro problema, i trasporti. Quando il Comune ha votato in via preliminare la «pubblica utilità» dell’opera, ha inserito una clausola: almeno il 50% degli spettatori deve essere in grado di raggiungere l’impianto con i mezzi pubblici. In che modo, però, non si è capito. Ancora durante la riunione di ieri, venivano prospettate due soluzioni: potenziare la Roma-Lido (ma il budget stanziato, di 58 milioni, potrebbe non bastare per rimettere in sesto una delle linee più degradate d’Italia) oppure puntare sulla biforcazione della metro B a Tor di Valle. Un’ipotesi già bocciata dall’Atac e dall’Agenzia per la Mobilità, che in un report inviato al Campidoglio, hanno prospettato conseguenze catastrofiche, nel caso di una nuova bipartizione della linea: riduzione delle corse del 40%, disagi per 200-300mila romani, costi di gestione non sostenibili per mantenere a regime la nuova tratta. Più costi che benefici, insomma, per il Comune e i romani.
BATTAGLIA LEGALE Durante la riunione di ieri, Baldissoni ha anche lanciato un messaggio alla candidata sindaco dei 5 stelle, Virginia Raggi, che si è dichiarata contraria al progetto Tor di Valle (il M5S lo considera «un’operazione speculativa» e ha suggerito di realizzare l’impianto in un’altra zona della città). Ieri Baldissoni ha detto di voler «denunciare» la Raggi, nel caso in cui bloccasse l’approvazione del progetto, fermo per oltre un anno negli uffici della Regione per le tante carenze progettuali e ripresentato due settimane fa. «La Raggi non sa di cosa parla - ha detto il diggì giallorosso - L’iter in Comune ormai è esaurito, così come la candidata 5 stelle».