IL MESSAGGERO (S. CARINA) - C’è sempre una prima volta. E poco importa se arriva all’ultima giornata. Perché da quando Perotti è arrivato alla Roma (disponibile dalla trasferta di Sassuolo) ha sempre giocato. Una volta soltanto è partito dalla panchina ma gli sono bastati 5 minuti per regalare un assist a Dzeko e partecipare così alla festa dei cinque gol rifilati al Palermo. Poi per il resto, sempre in campo. Sempre titolare. Anche in Champions. Farà quindi un certo effetto non vederlo domani a San Siro. Perché grazie a lui, ormai Spalletti gioca con due registi: uno basso e uno alto. Tuttavia El Diez, che nella Roma si è accontentato del numero 8, a Milano non ci sarà. Noie muscolari ad entrambi gli adduttori lo hanno obbligato al forfait.
ULTIMA CHIAMATA A Genova, quando Spalletti lo ha sostituito ha inserito Totti. Difficile però che questo avvicendamento possa ripetersi anche a Milano, almeno dal primo minuto. Un po’ perché Francesco non è al meglio (anche se ieri si è allenato col gruppo) ma soprattutto perché Lucio ha dimostrato di preferirlo quando subentra a partita in corso, nella versione di guastafeste. Col Milan, quindi, toccherà a Dzeko. Sì, proprio a Edin che durante la partita contro il Chievo si è riscaldato per 40 minuti prima di riaccomodarsi in panchina. Per il bosniaco è l’ennesima chiamata. Forse l’ultima. Deve lanciare un segnale, quello che Spalletti gli ha chiesto non più tardi di tre settimane fa: Bisogna essere sintetici su di lui. Dzeko è Dzeko, dipende solo dalla sua volontà. Mi faccia vedere che è quella punta che è diventata negli anni, se non ce la fa, prendo quello che viene. Dipende tutto da lui, sono lì a guardare. Faccia lo Dzeko che non c’è più tempo». Difficile farlo dalla panchina. Perché da quelle parole pronunciate il 19 aprile, Edin ha racimolato 31 minuti col Torino, 0 con il Napoli, 24 col Genoa e 0 col Chievo. Ma il calcio sa essere galantuomo, anche a discapito di qualche compagno di squadra. E ora l’infortunio di Perotti gli regala nuovamente una maglia da titolare. Proprio a San Siro dove iniziarono i problemi con quel pallone che danzava sulla linea aspettando di essere appoggiato in rete. Dzeko era lì, a mezzo metro ma riuscì nell’impresa di non farcela contrastato da D’Ambrosio. Quell’errore è stato lo sliding doors della sua stagione. Ora, la roulette del destino si ripropone. Sempre nello stesso stadio. In ballo stavolta c’è però il suo futuro in giallorosso.