IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - Miralem Pjanic lo scorso anno stava quasi per scappare da Roma. Era una stagione al limite della sopportazione, lui tra i più colpiti da certe contestazioni: lo sfogo contro la Sud dopo il gol al Napoli sembrava quasi un segnale di resa. Invece alla fine è rimasto. Quest’anno tutto è andato meglio, i gol, le prestazioni, quella continuità che - a detta di molti - era mancata miracolosamente è comparsa. Tutto ok, invece stavolta rischia di salutare Roma dopo cinque lunghi anni. La scelta è doppia: del club e sua. E in mezzo c’è pure una clausola che mette a tacere ogni discorso. Mire a Roma guadagna 4 milioni, è sufficiente che una società alzi il tiro e addio. La Roma, come è spesso accaduto, non si opporrà davanti all’incasso, né lui davanti a un miglioramento consistente dello stipendio. Bisognerà solo aspettare gli eventi, non è facile stoppare il mare. Ma queste ipotesi di addio non sembrano nemmeno sfiorare il presidente Pallotta, intervenuto a Roma Radio. «Io voglio che resti, si trova molto bene qui. Anche solo parlarne fa molto male alla squadra, sono stanco di queste voci», riferisce Jim da Boston. Stanco delle voci. Le parole sono importanti, nel calcio un po’ meno. Si dice che un calciatore non parte, poi parte; si sostiene che verrà ceduto, poi resta. È successo proprio alla Roma, con Benatia, 29 luglio 2014: «Mai messo in vendita, c’è stato il solito difetto di comunicazione. Benatia resta», parola di Pallotta; 27 agosto 2014 la Roma ufficializza con un comunicato la cessione del difensore al Bayern Monaco. Con buona pace dei comunicatori.
IO SONO FRANCESCO Stanco di parlare anche di Totti, Jim. Zero parole, alcun accenno. Pallotta ha deciso, il contratto a Francesco non verrà rinnovato, ma non vuole comunicarlo pubblicamente. La società aspetta che sia lo stesso Totti a convincersi di non poter più essere utile alla squadra. Passano i giorni e la storia andrà avanti fin quando qualcuno - o Francesco stesso o il presidente - dovrà giocoforza comunicare la decisione definitiva. Sperando non ci siano feriti. Totti è convinto di poter giocare ancora un anno, cosa che non pensa - oltre alla società - anche Spalletti, pronto nell’ultima conferenza a sciorinare dati che avrebbero dimostrato le sue difficoltà fisiche. Elemento, questo, di attriti anche con l’allenatore, oltre che con il club, convinto che la cosa migliore sia quella di lasciare ora e in bellezza. Ma Totti non è d’accordo e per adesso continua la battaglia di silenzi. I sei anni da dirigente (a seicento mila euro a stagione) inseriti in una carta privata all’epoca dei Sensi e ratificata dagli attuali dirigenti in occasione dell’ultimo rinnovo, non saranno presi in considerazione se mai Totti decidesse di continuare a fare il calciatore altrove. Vedremo.
SMONTO E RIMONTO Tornano al mercato. Pjanic rischia di andare via, Chelsea e Barcellona aspettano prima di sferrare il colpo. Un altro ad alto indice di gradimento (all’estero) è Nainggolan. L’impressione, oggi, è che dalla cessione del bosniaco ci sia un guadagno maggiore: il costo del suo cartellino è stato ampiamente ammortizzato, mentre per il Ninja no. Pallotta una cosa la fa capire, posando lo sguardo sugli errori del passato, imputati evidentemente a chi ha gestito il mercato in questi anni. «Se fino ad ora abbiamo commesso un errore è stato cambiare troppo la rosa ed effettuare troppe operazioni dimercato. Sabatini però ha fatto un ottimo lavoro e abbiamo fatto enormi progressi, visto che avevamo ereditato una situazione economica complessa e dovevamo fare delle operazioni per sistemare il bilancio. Nel prossimo mercato faremo solo qualche correttivo integrando qualche giovane in prestito. Spalletti? I ragazzi, anche grazie a lui, ora si divertono. Avrei voluto fare prima questo cambio». Ma qualcuno in società era convinto del contrario. Infatti ora si cambia linea, specie sul mercato. La squadra non verrà smontata. Il tecnico-ds Luciano Spalletti non vorrebbe. Per fare il grande salto, ci vogliono più grandi calciatori e meno talenti in divenire. «Da questo punto di vista è stato importante il lavoro svolto da Bruno Conti, Ricky Massara insieme ad Alex Zecca con questa Academy che considero tra le migliori. Ora stiamo cercando di ampliarla anche in altri paesi». Conti è stato inglobato in un discorso generale sui settori giovanili, ha perso ormai quel potere che gli ha consentito di lanciare negli anni giovani come Romagnoli, Aquilani e così via. Quindi Conti c’è ma non si vede.