IL GIORNALE (T. DAMASCELLI) - Parlare e scrivere di Totti e di Spalletti è come guardare il dito e non la luna. Perché il problema vero della Roma non è il suo capitano, con tutto quello che si porta appresso, ma il gioco, la condizione fisica, la cartella clinica della squadra nel dopo Garcia. Invece di soffermarsi sui 3 minuti che hanno fatto la storia della partita contro il Torino o del quarto d'ora finale contro l'Atalanta perché non aprire il registro e segnare le assenze della Roma nei primi 86 minuti di mercoledì sera e nei primi settantacinque di Bergamo? E ancora della latitanza contro il Bologna. Questa è la verità, la passione e il trionfo dei tottisti è una buona scusa per sollevare dalle responsabilità tecniche e tattiche l'allenatore, la Roma giochicchia, ha trovato i risultati ma non il gioco, Spalletti ritiene di riportare la squadra al centro del villaggio, mutuando una frase ad effetto del francese Garcia, ma il villaggio è popolato di ogni e Totti sta in mezzo a questa folla esultante mentre i romanisti, nel senso dei componenti la squadra, si smarriscono nell'ansia della prestazione e sperando che appaia la Madonna nei panni del Pupone. Cosi è stato e cosi è, al di là del rinnovo del contratto, al di là del frasario utilizzato dal certaldese che ha paragonato Totti a Pizzul, dunque a un professionista esemplare ma ormai in pensione, spedito lontano dalla Rai. Si potrebbe dire che Spalletti è come quel marito che per far dispetto alla moglie si taglia gli attributi ma qui il problema è un altro e riguarda la Roma e poi Roma. La prossima partita contro il Napoli sarà come il verdetto ultimo della Cassazione. Con o senza Totti la Roma deve dimostrare di volere e valere il secondo posto, dunque un posto garantito in Champions. Altrimenti con i preliminari sarà dura ricominciare. I gol pesanti del capitano hanno comunque garantito denari necessari al bilancio squilibrato del club, di questo dovrà tener conto il presidente che sta a Boston e dovrebbe, come minimo, presentarsi per la partita contro il club di De Laurentiis, il quale, a pensarci bene, è l'americano vero, un po' Trump, che ha preso il Napoli umiliato in lega pro e lo ha riportato ai massimi, mentre l'altro yankee sembra un personaggio alla ricerca di una identità nel calcio continentale. Comunque, meno Totti per tutti.