LEGGO (R. BUFFONI) - Com’è ammaliante Spalletti quando parla di calcio. Quando spiega gli errori commessi dalla difesa sul primo gol dell’Atalanta, quello segnato da D’Alessandro. Manolas che porta palla, Zukanovic che si allarga per prepararsi a riceverla e i due terzini, Rüdiger e Digne, che salgono entrambi lasciandosi alle spalle i rispettivi avversari: «Eravamo 2-0, che bisogno c’era? La Roma non può prendere gol così». Splendido. Com’è diverso invece Spalletti quando sceglie di tornare sull’argomento Totti, sfruttando una richiesta di spiegazione alla rinuncia a Keita per fare inversione a U: «Non è mai il singolo che fa la differenza. Non è giusto ignorare le cose buone che fanno gli altri. Nel gol di Totti a Bergamo c’è un lavoro di squadra». Ok mister, chiaro. I tifosi devono cancellarsi dall’anima il tatuaggio del capitano «che non è più quello di una volta» perché Pallotta così ha deciso. Però poi ammette «quando lo metto è perché spero che ci faccia vincere. E quella palla che dà a Dzeko è stata più bella del gol». C’è solo un capitano allora? Macché. L’ordine di scuderia è tirarne su altri 4-5 come Totti. Facile no? Come moltiplicare i pani e i pesci.