REPUBBLICA.IT (L. MONACO) - "Stop al doppio daspo". Gli ultras hanno varcano mercoledì 6 aprile la soglia del Senato per presentare una modifica alla legge Amato. Con l’appoggio di una folta pattuglia di senatori e deputati di ogni schieramento politico, chiedono anche la revisione della normativa dell'Osservatorio sulle manifestazioni sportive per poter reintrodurre nelle curve gli strumenti del tifo.
"Non vogliamo sconti o immunità - dicono i tifosi - ma pretendiamo che le norme anti-violenza rispettino la Costituzione e i principi generali del diritto". Stavolta il discorso non è urlato dall'alto di una balaustra di una curva, ma è fatto da parole misurate pronunciate nella sala Caduti di Nassirya a Palazzo Madama. In prima fila Diego Piccinelli degli ultras Brescia 1911, Claudio “Bocia” Galimberti dell’Atalanta, Giacomo Fantoni degli Ultras Tito della Sampdoria, in rappresentanza di 25 tifoserie tra calcio, basket e rugby.
I supporter sono sostenuti dal leghista Giam Marco Centinaio, dal pentastellato Vito Crimi, da Loredana De Petris di Sel, dal parlamentare del Pd Mario Tullo e dal fondatore di Fratelli d’Italia, Carlo Fidanza. Tutti concordi sul fatto che, in forza del principio giuridico "ne bis in idem", nessuno debba scontare due volte la pena per lo stesso reato, come ha ribadito recentemente anche la Cassazione. "Attualmente – spiega Lorenzo Contucci, avvocato specializzato in normative anti-violenza – l’articolo 9 vieta ai tifosi l’acquisto dei biglietti per i cinque anni successivi alla condanna del tribunale, anche se hanno già scontato il daspo comminato dal Questore prima del processo. Ma il periodo di pericolosità sociale cessa alla scadenza del daspo e il tifoso deve poter tornare allo stadio".
A questa incongruenza si aggiunge il dettame dell’articolo 8: "Dopo la condanna – rileva il legale del foro di Udine, Giovanni Adami - anche se si è già scontato il daspo, per tre anni non si possono acquistare abbonamenti o biglietti per le gare in trasferta, ma solo i tagliandi per le partite casalinghe. Insomma, si attribuisce al tifoso un'etichetta di pericolosità part-time: ogni 15 giorni".
"Questi problemi vanno risolti - osserva De Petris - scaturiscono dal combinato disposto di norme disomogenee e prive del rispetto delle garanzie costituzionali: ciò non è accettabile". Ne è convinto anche Vito Crimi, che sostiene "l'urgenza di restituire al calcio una dimensione umana: il folclore e la passione che sprigionano le curve piace a tutti, ma la realtà è che gli stadi sono deserti". Le leggi attuali non hanno garantito il ritorno del grande pubblico sugli spalti. E il paradosso è che tra i sempre meno che continuano a frequentarli assiduamente (a eccezione di Roma) ci sono proprio gli ultras.