IL MESSAGGERO (P. LIGUORI) - Una vigilia povera. Di polemiche e di spunti. Meglio, molto meglio ora di quando il “tormentone” non si interrompeva mai. La squadra è unita attorno all’allenatore e tiene banco “il discorso di Madrid”, cioè le parole scelte da Spalletti al Bernabeu per uscire in fretta da una sconfitta senza cercare attenuanti e tenendo l'occhio fisso agli impegni che possono garantire il terzo posto è una nuova Champions. La ricerca permanente del capro espiatorio si è spostata in fretta su Dzeko, da qualcuno definito la mummia, in chiaro contrasto con i due Faraoni. Cose che a Roma possono succedere, anzi sono nel copione che porta nel frontespizio “ecco perché non vinciamo mai”. Adesso c’è una nuova riflessione, più concreta: è meglio recuperare il centravanti, perché una punta nuova di quel nome la società non potrebbe permettersela. Tanto più nel nuovo corso di Pallotta, che ha fatto un ultimo giro di ricognizione attorno al problema stadio. Dal suo punto di vista, il problema del contratto di Totti è collegato: serve ancora un anno per arrivare a intravedere il nuovo impianto? Ma non è l'unico problema, perché Sabatini è lontano dai radar e i tifosi di Curva all'Olimpico non vanno. Chissà nello stadio nuovo? L'allenatore lavora intanto e prepara un gioco per ogni partita. Oggi a Udine deve vincere, ma ha qualche problema. Lo risolverà mettendo la squadra in campo diversamente, ma con lo stesso spirito delle ultime partite. Aspettiamo “l'Ottava” di Ludwig van Spalletti.