Ieri più che un match, soprattutto nel primo tempo, è stato un mismatch: l’Udinese ha dato un’impressione di inferiorità tale da rendere difficile capire se dipendesse da un atteggiamento tattico troppo rinunciatario, o da un gap di qualità insostenibile. Di sicuro una squadra così bassa, con cinque centrocampisti sempre schiacciati sui difensori, è stato il modo migliore per aiutare Dzeko ad avvicinarsi alla porta: proprio quello che serviva al bosniaco, che ha avuto quasi subito il premio per tante generosità pregresse quando su un assist (di destro...) di Salah l’Udinese si è come aperta, spaccata, e lui ha potuto guardare in faccia Karnezis per freddarlo. È successo al minuto 15, 11° gol giallorosso nel primo quarto d’ora (record del campionato) contro gli zero dell’Udinese, per dire della differenza di approccio. È successo esattamente quando gli ultrà bianconeri sono entrati allo stadio interrompendo la loro protesta: come se la Roma avesse voluto aspettare per mostrare a tutti come sa diventare una lavatrice in grado di centrifugare qualità a velocità massima.
Prima e dopo il gol del vantaggio ha preso a schiaffi l’Udinese con tutto il suo repertorio, un traffico nella metà campo avversaria dove quasi nessuno mantiene sempre la stessa posizione, un tourbillon di tagli usato per esaltare le sue improvvise esplosioni di verticalità: i movimenti a fisarmonica di Salah e El Shaarawy, dalla fascia a stringere in mezzo non solo sulla salita dei terzini; il fosforo e le gambe dell’uomo chiave Perotti, che si esalta nella libertà dei movimenti da finto centravanti, ma se davanti ha un centravanti vero sa dove andarsi a mettere per aiutare lui, ma anche gli altri, a cercare la soluzione migliore; la disponibilità di tutti, anche e soprattutto i quattro davanti, a rientrare per aiutare.
(gasport)