Ad eccezione della sfida alla Juventus - riporta il quotidiano -, le partite decisive giunte subito Dzeko le ha iniziate tutte fuori. La gara d’andata con il Real Madrid e gli spareggi-Champions contro Fiorentina e Inter. Ha giocato, invece nel ritorno contro gli spagnoli, ma lì la Roma doveva rischiare il tutto per tutto e si è giocata subito ogni cartuccia a sua disposizione dal punto di vista offensivo. Insomma, dopo oltre due mesi di Spalletti l’impressione è che il tecnico toscano non muoia davvero per il centravanti bosniaco, preferendogli molto più volentieri l’asseto con l’attacco veloce, quello formato da Salah, Perotti ed El Shaarawy, con l’argentino chiamato a giocare da falso nove.
Certo, Dzeko ci ha messo del uso, questo è sotto gli occhi di tutti. Molle, poco convinto, spesso lento nell’esecuzione e nello smistamento della palla quando va a giocare di sponda, incapace di segnare gol che sembravano facili anche per un bambino bendato. Ovviamente, il vero Dzeko non può essere questo, numeri e passato alla mano. E finora il bosniaco si è distinto soprattutto per sacrificio e per i movimenti con cui apre gli spazi ai compagni di squadra. Ma è anche vero che con l’Inter, ad esempio, la Roma ha trovato maggiore pericolosità proprio dopo il suo inserimento, anche se forse ha influito la necessità di recuperare il risultato. Con un riferimento offensivo, però, la Roma sembra poter trovare maggiori soluzioni, ampliando la gamma delle scelte.
(gasport)