IL TEMPO (E. MENGHI) - Bel gioco, capacità di soffrire e una buona dose di fortuna: la cura Spalletti fa effetto anche in trasferta, dove la Roma non vinceva da 100 giorni. Quel rigore spedito alle stelle da Berardi è il segno della ruota che finalmente è girata: «Abbiamo fatto una buona prestazione sotto l’aspetto fisico e della qualità. Ci sono stati dei segnali: Berardi è bravissimo, siamo stati fortunati. Se non sei pronto in questa vita che passa veloce... Questo risultato ci dà tranquillità e ci fa lavorare meglio. La vittoria è la cosa fondamentale, aver sofferto è un merito in più».
Il tecnico di Certaldo ha visto una squadra un po’ sciupona, ma preparata fisicamente e tatticamente per fermare il Sassuolo: «Siamo stati bravi nel primo tempo a fare possesso palla, ma ci saremmo meritati un risultato più netto. Nel secondo tempo ci hanno messo sotto anche grazie ad errori nostri. La scelta di mettere Perotti è nata per tentare di non fargli sviluppare il gioco. Lui sa fare reparto col centrocampo, nonostante il fatto di allungarsi dietro Magnanelli». È stata la mossa che ha incartato Di Francesco, «un grande allenatore con giocatori scelti bene: si vede che dietro c’è un lavoro profondo».
L’«ammazza-grandi» stavolta non ha colpito e, anzi, lancia una delle big verso i piani alti, perché per la Roma questi tre punti significano rientrare in corsa per la Champions: «Se non avessimo vinto questa partita - ammette Spalletti-– sarebbe stata durissima. Ci sono tanti ostacoli, come gli infortuni, ma vengono uno per volta e le partite si giocano undici contro undici, come hanno scritto i miei ragazzi sul bigliettino. Se lo spirito è questo si può ricreare quell’entusiasmo con cui può uscire un bel miscuglio in classifca».
Ad uno come Salah, per esempio, queste sensazioni positive servono per ritrovarsi: «Lui è un campioncino, ma ha bisogno di supporto. Gli attaccanti devono avere la curiosità di vedere cosa c’è dietro la linea difensiva, ma ho chiesto loro anche un lavoro di copertura. Partire da laggiù non è facile: sono stati tutti bravi».
I primi sinceri complimenti dopo tanti rimproveri, le «pizze» in testa a fine partita sono d’affetto e non di rabbia. Spalletti, un po’ sergente e un po’ pedagogo, si risente quando gli viene fatto presente di avere una comunicazione dura: «Io non dispenso nulla. Questa settimana ho potuto far allenare di più i giocatori e se ne sono fatti male un paio, per una mia pecca ho detto che i dottori dovevano essere da Roma, ma non ce l'ho con nessuno. Il topino? Secondo me ora sta nascosto per qualche giorno (ride, ndc)».
Baldissoni invece parla e lo fa a difesa dei metodi dell’allenatore: «Il messaggio di Spalletti vale per tutti, si raccomanda che siano all'altezza. Giusto cambiare linguaggio e responsabilizzare i giocatori. La squadra deve ritrovare la propria prepotenza, i punti da conquistare sono tanti e si può risalire». La seconda «finale» è stata vinta e senza centravanti in campo, ma il tecnico toscano non dimentica Dzeko: «Non abbiamo capito come servirlo, dobbiamo sforzarci e lui ci darà un grande contributo». Totti ha stretto i denti ed è partito per Reggio Emilia, ma lo show lo ha fatto a bordo campo: «Lui è un attore, ma io negli ultimi minuti - assicura Spalletti - guardavo solo la palla». Finita per la seconda volta in rete a fissare una vittoria con finestra sul terzo posto.