Da quando è tornato in giallorosso Spalletti sta cercando di educare Salah a giocare un po’ di più per la squadra, ma anche di convincere Dzeko a pensare un po’ più a se stesso e meno agli altri. Il bosniaco deve essere più centravanti, deve concentrarsi più sul gol. «È vero, mi dice sempre di pensare di più a me stesso», ha ammesso dopo Roma-Palermo. Intendiamoci, non che Spalletti non apprezzi il lavoro (molto di sponda) che Dzeko fa spesso per i compagni. Ma l’allenatore giallorosso sta cercando di incidere soprattutto sulla sua testa e, in tal senso, vuole che giochi per far gol, per gioire, per andare a caccia ogni momento di un’emozione in più. Che poi, per un centravanti, non è altro che la ricerca del gol. Spalletti si è reso conto che Dzeko è (era) bloccato soprattutto di testa e per sbloccarsi deve pensare a se stesso.
Salah, invece, è un discorso diverso. Tacciato a più riprese di anarchia calcistica, l’egiziano con la doppietta segnata al Palermo è diventato il principale marcatore giallorosso in campionato (9 gol, uno in più di Pjanic e tre di Dzeko). Basterebbe questo per cercare di lasciare libera la sua indole calcistica, anche se poi la ricerca della perfezione è un esercizio sempre perseguibile. Così, ad esempio, subito dopo Roma-Sampdoria Spalletti disse: «Per Salah abbiamo messo una regola: paga la cena a quelli a cui non passa la palla. E so che è andato al bancomat…». Iperboli linguistiche, su cui il tecnico costruisce le sue verità: a lui Salah va bene anche così, ci mancherebbe altro, ma se in alcune occasioni diventasse un po’ più altruista sarebbe ancora meglio.
(gasport)