IL TEMPO (A. SERAFINI) - Cambia il vento, ma lui no. La Roma vince, Dzeko resta a secco, col morale sempre più a pezzi. Già, perché nella sua lunga e fruttuosa carriera, il bosniaco non ha mai attraversato un periodo difficile come quello vissuto negli ultimi mesi romani, vissuti nella ricerca costante di dimostrare che le cose prima o poi sarebbero tornate quelle di sempre.
Il primo successo del nuovo corso Spalletti ha probabilmente registrato il punto più basso nell’avventura giallorossa dell’attaccante, sostituito a mezz’ora dalla fine tra i fischi del settore ospite occupato dai tifosi del Frosinone e il silenzio del resto dell’Olimpico, esaltato soltanto dalla visione di capitan Totti, che scalpitando era pronto a dargli il cambio.
Dzeko non se ne era neanche accorto, l’ha capito soltanto quando ha sentito il suo nome pronunciato dallo speaker e dal quel momento ha iniziato lentamente a pensare di tirare dritto verso gli spogliatoi. Spalletti ha seguito la scena e prontamente lo ha invitato a raggiungerlo chiamandolo per ben due volte: una pacca sulle spalle, la richiesta di dargli il «cinque» e l’invito a sedersi in panchina proprio mentre il numero 9 veniva ripreso dalle telecamere con un’espressione che spiegava perfettamente il momento.
E se il blocco può essere eliminato soltanto con una scossa, probabilmente il tecnico ha già iniziato il percorso «riabilitativo»: «Edin – ha spiegato Spalletti – va servito meglio, ma deve migliorare molto anche lui. Non ce l’aveva con me, era solo un po’ teso perché sa che adesso non riesce a dare quello che vorrebbe».
Tra una seduta in sala video e un allenamento di scarico, ieri Dzeko ha parlato con l’allenatore: un colloquio in cui sono stati analizzati, riguardando la partita, posizioni e movimenti che potranno aiutarlo in futuro. D’altronde l’involuzione del gigante bosniaco ha intaccato anche atteggiamento e prestazioni, perché nonostante la vena realizzativa sia rimasta comunque su standard molto bassi (3 gol in campionato e 2 in ChampionsLeague), sono scomparsi via via quegli elementi che lo rendevano comunque tra i migliori in campo.
L’infortunio al ginocchio accusato lo scorso settembre contro il Carpi ha reso ancor più difficoltoso il recupero fisico, tanto che il fastidio al collaterale saltuariamente continua ad affiorare. Incidenti di percorso che non possono spiegare però la discesa di un ragazzo alla soglia dei trent’anni: dopo quel colpo di testa illusorio che stese la Juventus (unico gol su azione messo a segno in campionato) e una dedizione all’allenamento che a Trigoria non è mai passata inosservata, Dzeko è stato risucchiato dalle difficoltà generali della squadra e dalla moltitudine di errori commessi sotto porta, un mix che lo ha portato a superare inevitabilmente il livello di guardia.
Alle sue spalle ora spingono generazioni diverse, dal giovane Sadiq al rientrante Totti, il primo nella lista a contendergli naturalmente il posto. Ma non domani. Con il Sassuoloinfatti Dzeko troverà ancora una volta una maglia da titolare, sperando che arrivi presto il momento della svolta.
La media di un gol ogni 6 presenze è infatti la più bassa registrata nell’intera carriera, tanto che anche a Manchester lo scorso anno (allo stesso punto della stagione), era riuscito a risultare più efficace nella media reti/minuti giocati partendo frequentemente dalla panchina. Spalletti e la Roma sono pronti a mostrargli nuovamente fiducia, ma il tempo passa e le possibilità di errore diminuiscono. Anche per lui.