IL TEMPO (E. MENGHI) - Ha spogliato la Roma degli alibi dietro cui si nascondeva quando le cose andavano male, ha preso in mano la situazione attirando le attenzioni su di sé come solo uno show-man sa fare e, cosa più importante, ha curato testa e gambe di una squadra prima smarrita e ora pronta a rincorrere ogni pallone. Spalletti non è certo un mago, gli è servito tempo per istruire i giocatori e far sì che si fidassero delle sue idee, ma adesso spera di non sentire più lamentele e di rivedere il bel gioco espresso contro il Sassuolo anche stasera, contro una Sampdoria in piena crisi, eppure considerata «avversaria difficile da affrontare». Più che altro per le qualità riconosciute a Montella: «È intelligente e avrà un futuro importante». L’Aeroplanino ha ricambiato i complimenti: «Siamo amici e sappiamo pregi e difetti l’uno dell’altro. La Roma è forte, ma possiamo giocarcela».
Magari non saranno tanto d’accordo in Liguria, dove i tifosi hanno proposto di mischiare le squadre per non subire una goleada a dir loro annunciata. A Spalletti i «giochini» piacciono, ma si tiene i suoi giocatori e rilancia: «Costruiamo lo stile Roma. Bisogna smettere di dire che qui l’ambiente è difficile, chi veste il giallorosso ha un privilegio, ma anche una responsabilità, quella di tentare di fare risultato sempre». L’ammonizione è per Keita, infastidito dai fischi dell’Olimpico: «È vero all’estero si tende di più a fare "viva" e non "abbasso", se ti aiutano i tifosi è meglio, ma non dobbiamo più parlarne». Girando per il mondo con lo Zenit è arrivato a questa conclusione: «Una volta un ragazzino in ascensore mi fissava, io avevo tutte le scritte dello Zenit sulla maglia, ma lui mi disse: "Spalletti Roma". Dall’altra parte del mondo i bambini sanno chi siamo, noi abbiamo un dovere verso di loro. È una vittoria importante».
Ancora di più lo sarebbe la terza consecutiva che potrebbe arrivare questa sera, per non perdere il treno Champions. I numeri confermano i miglioramenti della Roma, che perde meno palloni e ne recupera anche di più: «Si vede che giochiamo con più tranquillità. Ed è sempre la testa ad incidere sugli infortuni: vanno a colpire la squadra che non sta dando quello che potrebbe». Non c’entra invece il fattore psicologico sul momento no di Dzeko, Spalletti è convinto che «deve essere servito meglio». Solo un caso il fatto che la miglior prestazione sia arrivata senza una punta di riferimento in campo: «Ne avevamo due ed hanno segnato entrambe. La morale è: un insieme di qualità porta alla vittoria, non il singolo attaccante». Per cui una soluzione andrà comunque trovata, possibilmente più tenera di quella riservata al famoso «topino» chiacchierone, colpevole di aver rivelato prima del dottore l’esito positivo della visita d’idoneità sostenuta da Nura: «È pure sordo questo topino... Per lui abbiamo le supposte. Nura è velocissimo, sembra un soffio di vento, ora va messo nel contesto di squadra, anche se nel suo ruolo abbiamo mostri sacri».
Lo show-man Spalletti, dopo aver dato vita ad un’accesa conferenza in cui se l’è pure presa con un giornalista come faceva ai vecchi tempi, è andato via ma ha fatto subito retromarcia: «Mi ero dimenticato... Gyomber ha giocato con un dito rotto: è un esempio e De Rossi ha appeso la sua foto sull’armadietto. Emerson ha gioito come se avesse giocato sempre». Particolari che permettono alla Roma di viaggiare unita nella stessa direzione: verso la Champions.