IL TEMPO (E. MENGHI) - C’è ordine senza pubblico, ma è una contraddizioni in termini che non si può ignorare. Nel bilancio del primo mese di Giubileo, il questore Nicolò D’Angelo in una parentesi calcistica ha portato una prova in favore della sicurezza allo stadio, il fatto che siano stati azzerati tutti gli indicatori di violenza, e al tempo stesso ha però presentato numeri impietosi sulle presenze all’Olimpico. Un calo drastico, sia per la Roma (meno 39%) sia per la Lazio (13%), che conduce a due verità: non ci sono stati incidenti nella stagione in corso, e questa è di per sé una novità senza precedenti, ma il bilancio positivo è falsato dall’assenza degli spettatori nei settori più caldi.
Lo sciopero delle curve romane, in protesta soprattutto contro il prefetto Franco Gabrielli, ha permesso al questore di festeggiare per i dati incoraggianti sulla violenza negli stadi: «Abbiamo registrato un bel successo. Dall’inizio dell’anno calcistico abbiamo calcolato zero incidenti, zero feriti, zero petardi e zero sanzioni di giustizia sportiva per discriminazioni o artifizi pirotecnici rispetto alle 12 dello scorso anno. Di contro - ammette D’Angelo - abbiamo registrato un calo di spettatori, meno 13% per la Lazio e meno 39% per la Roma. Nella capitale il nostro problema è solo questo: fare tifo sano con regole giuste». Non riuscire a combinare la presenza del pubblico con l’ordine pubblico. «Nessuno di noi - giura il questore durante la conferenza stampa che si è tenuta ieri a San Vitale - vuole impedire il tifo negli stadi, vogliamo solo che si faccia nell’ambito delle regole e del vivere civile. Abbiamo aperto il dialogo con il Coni per trovare eventuali forme di dialogo, possibili solo all'interno della cornice della legalità che vogliamo venga rispettata. Lo stadio è dei cittadini romani, non degli ultras».
Il malcostume contro cui si scaglia D’Angelo dovrebbe essere combattuto attraverso le barriere piazzate in mezzo alle due curve lo scorso settembre, un modo di dividere e controllare meglio (anche con le telecamere e gli occhi attenti degli steward) quella che viene identificata come la parte violenta del tifo. Che sia giallorosso o biancoceleste. Ma il discorso finisce qui, nei confini capitolini, perché nel resto d’Italia o all’estero misure preventive del genere non esistono, nonostante il questore abbia sottolineato in una vecchia intervista che «sono state applicate norme previste da un regolamento internazionale. Non ci siamo inventati nulla e nulla abbiamo cambiato nel tessuto connettivo dello stadio». Solo che adesso non ci va più nessuno. La fuga dagli spalti è racchiusa negli ultimi dati sulla media spettatori per le gare casalinghe della Roma, pari a 35.191 (-12,3% rispetto allo scorso campionato e nella conta ci sono gli abbonati che in realtà non si presentano dal match con la Juve) e della Lazio, pari a 22.248 (-36.3% rispetto alla stagione 2014/15). Insomma, c’è poco da festeggiare. La palla adesso passa a Gabrielli, che una promessa ai tifosi l’aveva fatta: «Comportatevi bene e state nelle regole, poi le barriere le possiamo anche togliere: non sono di cemento armato». Stando alle parole di D’Angelo e ai fatti sostenuti dai tanti zeri alla voce violenze, dovrebbero essere spazzate via in un secondo. Ma non è così semplice. Il prefetto aveva chiesto una prova di maturità alle curve romane, prova che non può arrivare se restano desolatamente vuote.
Quella giallorossa si è riempita per un’amichevole tra vecchie glorie, un evento di beneficienza che non compariva come «manifestazione sportiva», perciò hanno potuto partecipare anche i «daspati». L’Olimpico è tornato a colorarsi e a farsi sentire, provocando la nostalgia dei giocatori di Garcia, in primis di Nainggolan che ha fatto sapere alla Sud: «Ci mancate».
Com’è finita? La Questura ha parlato di «bilancio negativo» per un petardo e sei fumogeni accesi, i soliti cori offensivi contro le istituzioni e le forze dell’ordine e le vie di sicurezza «occupate illegalmente». Se esame doveva essere, di certo non è stato superato. Un punto d’incontro, però, deve essere trovato. Ci ha provato il presidente della Roma Pallotta, che dopo qualche imbarazzante malinteso è riuscito ad ottenere un faccia a faccia con Gabrielli, il quale ha rimandato eventuali cambiamenti alla prossima stagione. Il patron biancoceleste Lotito è rimasto a guardare, perché la pensa come il questore: barriere o no, i teppisti devono restare fuori dallo stadio. L’obiettivo comune è un’addizione: che ci sia ordine e ci sia anche il pubblico.