IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - Una volta, forse più di una, Fabio Capello e un po’ di calciatori dello scudetto 2000/2001, si sono lasciati andare a un’amara ammissione: «La contestazione post Atalanta ci ha dato la forza per vincere lo scudetto». Brutto da dirsi, forse anche da pensarlo, perché quel giorno, il 24 settembre del 2000, volavano specchietti retrovisori, pugni sulle automobili, insulti razzisti, striscioni minacciosi, c’era gente terrorizzata, figli di alcuni calciatori in preda al panico. Non un bel vedere. Sembrava una guerriglia. I giornali titolavano da “Inferno a Trigoria” a “Roma sotto assedio”, noi abbiamo optato per ”Bufera Roma”. Quella strana domenica a Trigoria ci saranno state mille persone, cattive e incattivite dall’umiliazione della Roma, appena eliminata dall’Atalanta (1-1 andata all’Olimpico ma soprattutto il 4-2 di Bergamo). Chi c’era, ricorderà. È difficile pensare che un atto violento sia propedeutico per un successo. Difficile, sbagliato. Ma per tanti, quella ferocia è pure servita. Vai a capire quale sia la verità.
Oggi, ed è un fatto, quella forza d’urto dei tifosi non c’è più. E’ il disamore o la freddezza di una generazione che ha visto il calcio cambiare, l’ha visto diventare televisivo, social, dove il contatto è sparito. L’atmosfera intorno alla Roma oggi è strana: l’Olimpico è sempre vuoto e vederlo così ti manda addosso una tristezza infinita, a Trigoria ci si presenta con qualche chilo di carote e si dà dei conigli ai giocatori e tutti. Una volta usciva Totti a parlare con la gente, oggi Marco Seghi. Quella di ieri è stato un atto di ribellione di una sessantina di persone, che hanno individuato i problemi della Roma non solo in una componente. Se la sono presa con tutti, società (“Ma Pallotta dove sta?” e “Baldissoni bla bla bla” erano i cori più cantati), allenatore, tecnico. Oggi basta aprire un social network e trovi cascate di insulti. Sono i contestatori da tastiera, quelli che lo fanno quasi per mestiere, quelli che Trigoria nemmeno sanno dove sia. Non c’è quello che raduna la massa e la porta dai “colpevoli”. Qui si è perso un derby di Coppa Italia e nessuno ha protestato più di tanto. E’ un’altra storia, forse migliore. Ma comunque diversa.
Che reazione ci può stare davanti a questa protesta dell’era moderna? Le carote non sono nemmeno nuove a Trigoria. Dopo Manchester-Roma 7-1, alcuni tifosi le avevano fatte trovare davanti ai cancelli del Bernardini la domenica mattina (15 aprile 2007), a poche ore dalla sfida con la Sampdoria. I calciatori, in ritiro, si sono svegliati con la sorpresina. In campo, qualche ora dopo, Totti e compagni si sono liberati dei blucerchiati in poco tempo e facilmente. E ai gol, hanno esultato mostrando il gesto del coniglio. Chissà se a Torino potrà succedere la stessa cosa. Questione di uomini, all’epoca c’era Perrotta, c’era Chivu, c’era Totti e c’era De Rossi, tanto per citarne qualcuno, e stavolta? Di sicuro gente come Pjanic, Dzeko, Nainggolan dovranno tirare fuori gli attributi, perché sentirsi dare dei conigli non è proprio il massimo e non lo è nemmeno vedersi distruggere la macchina. Mica si deve per forza usare le maniere forti come quel 24 settembre del 2000? No, questo no. Al di là di quello che hanno ammesso Capello e soci. Le bastonate lasciamole stare, ma evidentemente quei sessanta tifosi che ieri si sono presentati a Trigoria hanno voluto lanciare un messaggio a tutti. Bisognerà solo capire da chi sarà stato recepito. Perché non conta come contesti, conta chi subisce la contestazione. Una questione di uomini.