LA REPUBBLICA (E. SISTI) - Dzeko li chiama amici, “friends”, bella parola, piena di sentimenti, di risvolti, d’energia. «Se vengono gli amici ci sentiremo più forti». Gli amici che servono alla Roma, invocati dal suo centravanti, sono i tifosi che disertano l’Olimpico lasciando la squadra al proprio destino, salvo poi, in una raccolta e un po’ sordida squadriglia, sfogarsi con la consegna a domicilio di svariate carote il cui colore, non ce ne vogliano le carote, riassume il giallo e il rosso di un club che da tempo, come lo stesso Dzeko amaramente ammette, «sta giocando male e se proseguiamosulla falsariga delle ultime due partite possiamo pure scordarci lo scudetto e qualunque altro obiettivo». Gli amici si vedono nel momento del bisogno. Le carote no. La Roma si aggrappa al suo centravanti ma il centravanti è triste perché corre come Forrest Gump e segna col contagocce, perché alza la testa e non vede amici, né in campo (visto come predica spesso nel deserto) né sugli spalti: «E’ vero, sono triste, non si può essere felici in certe condizioni».
Roma, Garcia si gioca tutto. Battere il Bate vale gli ottavi: “Si vince solo con la voglia”
09/12/2015 alle 13:37.
E la Roma deve esserlo altrettanto, se a poche ore da una sfida così cruciale come quella di stasera contro il Bate si diffonde l’endecasillabo di Sabatini: «Se affonda Garcia, affondiamo noi tutti». Fortificato dalla vista di Pallotta, indifferente alla prospettiva del naufragio, Garcia crede nel riscatto: «Sono partite che si vincono con la voglia ». Quella che la Roma ha dimostrato di aver in modo troppo intermittente per essere credibile, come uno chef che una sera ti offre spaghetti alle vongole da leccarsi i baffi e per il resto della settimana primi piatti da uscire a gambe levate dal locale: di quale giorno fidarsi? Il Bate è tosto, sono soldatini messi in piedi con raziocinio, consegne precise, movimenti corretti, ma la qualità media è bassa altrimenti non sarebbe il pur nobile Bate: «Lo spirito deve essere lo stesso con cui si vive un derby». La Roma è al top, ma solo dei suoi disagi. Però vuole che il proprio nome sia fra i 16 che lunedì prossimo verranno sorteggiati per gli ottavi di Champions. Potrebbe bastarle il pareggio ma giocare per il pareggio sarebbe una nequizia contro se stessa, il Bate se vince è quasi certo di qualificarsi (a meno che il Leverkusen non superi il Barcellona) quindi attaccherà: «Abbiamo poca scelta in tutti i reparti, ma col presidente vicino siamo più forti».
L’organico ridotto all’osso rende ancora più gialla la trama. Salah è recuperato, «ma non ha i 90 minuti nelle gambe». Si consoli Garcia: ce ne sono tanti dei suoi che non li hanno mai avuti, mentre altri entrano in campo sconclusionati (tre degli ultimi sostituti hanno commesso fallo da rigore, Torosidis, Uçan e Maicon). «Ci aiuta questa sensazione di aver raggiunto il punto in cui non c’è ritorno». E neppure l’andata, perché si è già giocata ed è finita male. L’opportunità è ghiotta: se dovesse accedere agli ottavi la Roma potrebbe vergare una linea di demarcazione alta come un muro, con un prima e un dopo, all’interno della propria, indecifrabile stagione di squadra capace, come ha sottolineato ieri un commentatore straniero, «di partite perfette e altre orribili», un po’ americana e un po’ amatriciana. Solo la Roma fa così in Europa tra i top team: «Almeno non ci si annoia», scherza Garcia. Ma staserapuò andar bene anche la noia, se alla fine si porta a casa il passaggio del turno. Contano gli ottavi, il Napoli ancora non esiste, conta il ricco incasso potenziale (quasi 20 mln), conta la speranza di potersi garantire liquido supplementare per rimpinguare la rosa, provvedendo magari a togliere qualche spina dal gambo. Il futuro della Roma è un groviglio d’emozioni, provarle per vincere sembra l’unica strada. La Champions è un passaggio di calore. Chi rimane freddo non avrà scampo. Avrà solo freddo.