IL TEMPO (A. AUSTINI) - Negli ultimi due anni valeva un posto in Champions. Oggi il derby del Sud ha una dimensione ancor più ambiziosa: non uno spareggio scudetto, perché si incontrano la terza e la quarta in classifica, ma uno scontro diretto di quelli che possono spostare tanto in un campionato equilibrato.
Il San Paolo, tutto esaurito o quasi, con 54mila spettatori e il settore ospiti malinconicamente vuoto (chissà quando si riempirà), è il teatro di un Napoli-Roma da brividi. La squadra che gioca il calcio più bello e veloce d’Italia contro un avversario in crisi d’identità, ma appena entrato tra le 16 migliori d’Europa e affamato di riscatto. A guardare le ultime rispettive prestazioni la bilancia pende decisamente dalla parte di Sarri, eppure Garcia alla vigilia ha il volto e la parole di chi si sente forte. «Non andiamo al mattatoio come vittime designate - annuncia il tecnico giallorosso - come sempre giocheremo per ottenere un risultato utile. Il Napoli ha grandi campioni e un buon allenatore, ma sembra che la più scarsa squadra d'Italia stia andando in trasferta ad affrontare la migliore. Il rispetto per me è molto importante, e non lo vedo dappertutto... Sembra che abbiamo già perso, proveremo a smentire i pronostici».
Se accadesse il contrario, la distanza dall’Inter capolista e dallo stesso Napoli inizierebbe a diventare esagerata. Garcia, però, ricorda che la vincente oggi al San Paolo «non è detto che vinca anche lo scudetto, mentre chi perde non sarà eliminato dalla corsa». A restituirgli fiducia ci sono i precedenti con le grandi, in cui la Roma non ha mai fallito la prestazione a prescindere dal risultato. «Questa vigilia - sottolinea Garcia - assomiglia a quella con la Fiorentina, con noi che venivamo da un momento non brillante e loro che giocavano un gran calcio. E anche a quella del derby, dove eravamo stanchi per aver giocato in Champions e loro avevano fatto turnover in Europa League. In entrambe alla fine abbiamo dimostrato di poter disputare una buona partita».
Va bene tutto, ma negare che la Roma sia sparita dopo la sosta è impossibile. «In questo momento siamo meno brillanti sul piano del gioco, non va tutto bene, ma neppure tutto male. La Champions? Siamo contenti della qualificazione, a febbraio sarà un’altra Roma, con tutti i giocatori e zero pressioni». E i tifosi ci saranno ancora? «La penso come Florenzi - analizza il francese - preferisco essere fischiato da 70.000 persone e un Olimpico pieno. Da inizio stagione ci manca la spinta della Curva Sud, è la nostra sofferenza più grossa».
Oggi tutta Fuorigrotta soffierà contro i giallorossi e a favore di un Higuain mai così devastante. «Non so se sia possibile fermarlo - confessa Garcia - è un grande campione, ma anche noi ne abbiamo uno in attacco: Dzeko. A differenza sua, Higuain non è arrivato ieri in Italia, ha avuto il tempo di ambientarsi in un altro paese e un altro calcio. Lo stesso deve fare Edin, ogni bomber vive un momento dove si segna meno e l’importante è non avere l’ossessione del gol. Quelli torneranno da soli». Lo stesso bomber argentino fa gli onori di casa a Dzeko: «La Roma è fortissima - riconosce Higuain - e lui è un grande centravanti».
Dall’altra parte, scaramantico e scaltro, Sarri non ha proprio intenzione di aumentare il livello di pressione sul suo Napoli. «La Roma è probabilmente la squadra più importante in Italia a livello di investimenti. È l'antagonista naturale della Juventus, hanno avuto soltanto infortuni che l'hanno penalizzata. Percui - dice il tecnico azzurro - non siamo favoriti ma lo è chi ha investito di più. Non dimentichiamoci che l'Europa League sul lungo periodo è la competizione che toglie più energie». È proprio vero, quando parlano gli allenatori sono tutti uguali.