IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - Cosa c’è di meglio, dopo pranzo, di una bella pennichella? Dice: ma c’è la partita della Roma. Ecco, appunto... Una tazza di camomilla o un paio di pasticche di valeriana non avrebbero potuto agevolare con maggiore efficacia il sonno: lenta, brutta, pachidermica, scontata e noiosa, la Roma di Rudi Garcia non ha fornito alcuna emozione, limitandosi a fare l’ennesima brutta figura contro uno Spezia che naviga a metà classifica nel campionato di Serie B. Deprimente, la Roma. Oltre che inguardabile per via di un gioco che non esiste più, se mai è esistito. Dopo la sconfitta casalinga contro l’Atalanta, dopo il pareggio a reti bianche contro il modesto Bate Borisov e anche dopo la pessima esibizione di Napoli, mascherata da grande impresa dai trombettieri di corte per il digiuno di Higuain, i dirigenti di James Pallotta e il presidente stesso hanno dichiarato che non c’erano problemi, che la situazione non era così grave come testimoniato da critici e tifosi (ricordate i fischi dell’Olimpico post Bate?). Che la povertà tecnica e tattica della squadra era una semplice invenzione di radio e giornali.
I RESPONSABILI DI TRIGORIA - Invece di affrontare direttamente (e seriamente) la situazione, si è preferito far finta di niente, voltarsi dall’altra parte e scansare le responsabilità, spingendole lontano. Poi, però, arriva lo Spezia, non il Barcellona, e ti sbatte fuori dalla Coppa Italia. E così addio a uno degli obiettivi stagionali del club di Trigoria, il meno complicato da raggiungere. Di male in peggio, la Roma. Che, per dirne una delle tante, non riesce più a segnare neppure senza il portiere avversario. Nelle ultime sette partite, quelle post derby, i giallorossi hanno fatto gol su azione soltanto in Champions, al Camp Nou; poi due calci di rigore a Bologna e la punizione sbilenca di Pjanic a Torino. Per il resto, il buio. La Roma oggi è talmente prevedibile che anche Oronzo Canà saprebbe neutralizzarla: questo perché la squadra non ha uno straccio di gioco, non sa cosa fare quando ha il pallone tra i piedi e molto spesso anche quando ce l’hanno gli avversari. Una povertà assoluta. Che ha precisi responsabili. In sede e in campo, panchina compresa. A questo punto, continuare a negare l’evidenza sarebbe danno ancor più grave di quelli già procurati. Il Titanic sta affondando e sarebbe meglio che l’orchestra smettesse di suonare. Il maestro con il violino, però, non ha alcuna intenzione di farlo. E nessuno glielo toglie dalle mani.