AS ROMA MATCH PROGRAM (T. RICCARDI) - Esordire nel calcio professionistico in Champions League, con la maglietta della Roma. Una cosa che è capitata a pochi nella storia di questo club. Uno su tutti, Daniele De Rossi, che indossò per la prima volta la divisa della prima squadra nella massima competizione europea, contro l’Anderlecht, nell’ottobre 2001. Ma c’è pure un altro calciatore che può raccontare questa storia: stesso ruolo di DDR, ma carriera meno brillante. Raffaele De Martino, classe 1986. Centrocampista alla Rino Gattuso, “L'ho sempre ammirato per la fame che metteva in campo e per come interpretava il ruolo”. “Ringhio” gli ha pure ispirato la traccia dell’indirizzo mail. Il 3 novembre 2004, a 18 anni, De Martino fu schierato nell’undici titolare da Luigi Delneri nella sfida dell’Olimpico contro il Bayer Leverkusen.
Che ricordi conserva di quella giornata?
“Molto belli. Fu una cosa inaspettata che maturò per un infortunio improvviso a Perrotta. Il mister in mattinata mi comunicò la scelta di impiegarmi e da lì cominciai ad avere un po’ di ansia. Tuttavia, in campo scesi tranquillo e alla fine non perdemmo la partita come invece capitò negli altri match del raggruppamento. Finì 1-1 in un Olimpico deserto, a porte chiuse. Quello fu l’unico pareggio che la Roma fece in un girone amaro di sole sconfitte”.
Cosa ha rappresentato nella sua carriera la Roma?
“È stata la mia madre calcistica. Mi ha adottato nel vero senso della parola quando avevo tredici anni. Io sono di Nocera Inferiore, arrivai a Trigoria giovanissimo e lì feci tutta la trafila fino alla prima squadra. Fino all’esordio in Champions in quella sera di novembre. Successivamente, in campionato, giocai per la prima volta a San Siro contro il Milan. Roma ha rappresentato la base della mia vita. Mia moglie è di Latina, ho tanti amici romani, vivo nella Capitale molti giorni pure ora che gioco a Rimini”.
Lei nel gennaio 2005 si svincolò dalla società giallorossa per firmare un contratto con il Bellinzona. Una scelta che rifarebbe?
“Non saprei rispondere. Sicuramente, se potessi tornare indietro tante cose le avrei fatte diversamente. Magari fui consigliato male da chi all’epoca aveva la mia procura. Comunque, dopo Bellinzona andai all’Udinese, che a sua volta mi girò in prestito al Treviso. Collezionai una trentina di presenze tra Treviso e Udinese in Serie A trovando pure la convocazione in Under 21. Il problema arrivò dopo…”.
Quale problema?
“Mi infortunai seriamente alla gamba da tesserato dell’Udinese. Con un contratto in essere con il club friulano, fui costretto a rescindere l’accordo. E lì trovai l’offerta dell’Avellino retrocedendo di categoria. Accettai, ma passare dalla Serie A alla B non è mai il massimo. Inoltre, fisicamente recuperai una buona condizione, ma non riuscii mai a tornare al top assoluto”.
Ha qualche rammarico?
“No, affatto. Sono soddisfatto di quello che ho avuto. Sarò sempre grato alla Roma che mi ha permesso di vivere di questo lavoro. Sono felice di aver vissuto certe esperienze e di aver conosciuto gente che ha fatto la storia di questo sport”.
Allude a Totti e De Rossi, tuttora nella rosa di Garcia?
“Esatto. Francesco era il capitano all’epoca, per lui parlano i numeri. Con Daniele ci siamo incontrati lo scorso anno a Cesena quando lui venne a giocare al “Manuzzi” con la Roma. Peraltro, in quell’occasione segnò il gol della vittoria. De Rossi è stato un compagno importante ai tempi della Roma. Mi riempiva di consigli in campo e fuori. È un uomo di grande spessore”.
Come si trova oggi a Rimini?
“È una realtà tranquilla, che permette di esprimersi al meglio. Sto qui da due anni, sono stato ingaggiato nel 2014 per riportare la società a livelli più consoni. La scorsa stagione militavamo in Serie D. Abbiamo vinto il campionato e ora siamo in Lega Pro. Non è la Champions League, ma ho la fortuna di fare questo lavoro e tanto mi basta. Poteva dirmi peggio nella vita”.