IL TEMPO (E. MENGHI) - Poco più di un mese fa diceva: «È il momento giusto per vincere lo scudetto». Adesso raccoglie le macerie per evitare che l’anno buono diventi il peggiore possibile. De Rossi stenta a credere in quello che vede, una Roma sbriciolata dal Barcellona e di nuovo piombata in crisi: «Sarebbe da infami dare la colpa a Garcia. In campo ci andiamo noi e ci prendiamo le nostre colpe. Ne avrà anche lui, ma vanno divise. Non diremo mai che ce l’abbiamo con l’allenatore, sarebbe di basso livello lasciare una persona e accusarla. Siete bravi più di me a fare le analisi, come media punti Rudi è tra i migliori, poi sì abbiamo dei problemi».
Da analizzare in privato, perché sarebbe disonesto farlo davanti alle telecamere: «Faccio fatica – ha continuato De Rossi – a pensare a una Roma agonizzante dopo due secondi posti. Penso che nonostante ci sia da migliorare a livello tattico, difensivo e di costruzione, perché certi difetti sono sotto gli occhi di tutti, a livello di gruppo stare insieme all’allenatore e uniti tra compagni è molto importante. Se ci sfaldiamo, se cerchiamo alibi "è colpa dell’allenatore, dei dirigenti o del preparatore”, facciamo il botto come da febbraio ad aprile dell’anno scorso».
Non fa differenze il numero 16 giallorosso sul momento storto vissuto nella passata stagione rispetto all’attuale: «Eravamo molto auto-convinti anche l’anno scorso, pensavamo di avere una squadra molto forte e invece si è rivelata meno forte della Juve, di tanto e anche mentalmente. Quest’anno come punti e come modo di giocare stiamo facendo meglio, anche se subiamo un po’ troppi gol. Guardarla oggi può distrarre da quello che poi questa squadra realmente può fare. Dobbiamo continuare a lavorare e pensare che mancano 24 partite e c’è tutto in ballo».
Negli occhi e nella mente di chi, come lui, è tifoso c’è ancora quel periodo in cui la Roma ha avuto la «pareggite» cronica: «Ci sono stati 3-4 mesi dell’anno scorso che sono ancora freschi nella memoria, nostra e dei tifosi. Erano mesi in cui guardavamo sempre la Juve e ci siamo accorti tardi che stavano arrivando Napoli e Lazio, rischiando quello che questa squadra non può perdere: il piazzamento Champions. A Barcellona i tifosi hanno cantato fino al 90°, non ci hanno applaudito perché sarebbe stato paradossale, ma sono sicuro che quella parte di tifoseria non ci abbandonerà a Torino».
Non c’era quasi nessuno ieri allo stadio, eppure i fischi si sono sentiti benissimo: «La cosa che non ci manca è il tempo, ma non dobbiamo adagiarci. La strada è lunga e gli altri potrebbero cadere». Non è passato così tanto dal derby vinto e dagli abbracci di gioia: «C’era serenità allora. È normale che dopo due risultati negativi, dopo due partite stranissime ognuna vada per il suo verso. Avevamo grande voglia di rivalsa, anche il mister l’ha preparata in maniera minuziosa, ma non è stato abbastanza. Da questa settimana si esce tutti un po’ malconci. Sabato diventa decisiva per noi». Non serve a niente prendersela con l’arbitro, peccato di gioventù commesso da Sadiq con un post poi rimosso da Instagram: «Ho giocato la partita in modo onesto, ma se Calvarese non dà rigore (riferendosi al presunto fallo di mano di Paletta, ndc) non c’è niente da fare». A proposito di alibi da evitare.