Non sembra la Fiorentina. Battuta dal Lech, ora la Roma

23/10/2015 alle 14:26.
sousa-fiorentina-conferenza
LA REPUBBLICA (B. FERRARA) - Improvvisamente piccola. A la aveva perso, ma giocato alla grande. Tenuto il campo, il possesso palla, divertito i suoi tifosi e impaurito quelli avversari. Stavolta, invece, contro l’ultima in classifica del campionato polacco, i viola sono diventati improvvisamente fragili, entrando in una second life fatta di errori e di egoismi. Una sconfitta meritata, quella contro il Lech Poznan, per un verdetto poco allegro, visto che adesso la squadra di Sousa è ultima nel suo girone. È chiaro che niente è perso, ma di sicuro il tecnico portoghese dovrà capire se questa partita sbagliata è un sintomo di cui preoccuparsi o solo l’effetto di una causa in parte obbligata dal calendario: ovvero i nove titolari nuovi di pacca (rispetto a ) che raccontano un turn over prepotente in vista della super sfida con la Roma. Certo che tra Borja Valero e Verdù ci sono molte categorie, Suarez è ancora poca roba, Pepito (gol a parte) è ancora in cerca di se stesso e Babacar un ragazzone di talento che però troppo spesso ti fa rimpiangere il tostissimo Kalinic, quello che segna e lotta. Cosa che il giovane senegalese ancora non riesce a fare con coerenza, facendo un po’ indispettire anche i tifosi con un colpo di testa nel finale che avrebbe salvato la serata e l’umore a tutti. Un colpo da due metri a porta spalancata che Babacar butta via.
Insomma, la 2 d’Europa è un’altra storia rispetto alla capolista, e la sconfitta della prima italiana contro l’ultima polacca alla fine ci sta tutta. I viola giocano con confusione, gli altri difendono e colpiscono, come se in panchina ci fosse proprio Paulo Sousa. Comunque il primo tempo è un inno alla mediocrità. Potrebbe essere sintetizzato in un’azione di Verdù che, forse cercando il colpo d’autore (d’altra parte contro l’Atalanta aveva segnato una rete al volo davvero preziosa), solo davanti a Buric praticamente gli appoggia la palla tra le braccia. Mah. Noia parecchia, insomma. Ma lo stadio semideserto ormai si è abituato al cinismo della che, che giochi bene come nelle ultime partite o male come a inizio stagione, alla fine si prende ciò che vuole. Nel frattempo Pepito Rossi si sbatte per inventare qualcosa, ma i movimenti ancora sono impacciati. E i polacchi capiscono che questa partita non è una missione impossibile. Bastano due sviste difensive (prima di Astori e poi di Rebic) per un uno-due impietoso firmato da Kownacky e da Gajos. La reazione mette in mostra un fallaccio (rosso) di Rebic, le doti del Buric, che si arrende solo davanti a un tiro facile di Rossi, che non segnava al Franchi da 522 giorni.
Almeno una piccola soddisfazione per la . Troppo piccola, però.