LA REPUBBLICA (F. BOCCA) - Si legge e si dice di tutto. Secondo molti neanche se perdesse a Palermo la Roma si libererebbe di Garcia, considerandolo un allenatore che va al di là del contingente: e avere un contratto fino al 2018 che costa 18 milioni, in questa situazione, nel calcio, significa avere quasi un passaporto per l’eternità.
Viceversa altri sostengono che se la Roma facesse un’altra figuraccia come quella di Borisov, sarebbe costretta a salutare subito, inevitabilmente, un allenatore distintosi più che altro per essere uno straordinario venditore di frigoriferi agli esquimesi. Per dire di uno lesto di parola, ma che insomma non ha vinto nulla. Anche se due secondi posti dietro la Juve sono comunque un fatto e non certo fumo negli occhi.
Con quelli come Garcia non c’è via di mezzo, o li accetti o li rifiuti, si pongono al centro di tutto soprattutto in una squadra dove al centro c’è già
Totti. Hanno ego ed orgoglio smisurato, scarsa capacità di compromesso, personalizzano tutto, è uno di quelli “O con me o contro di me”. Anche se ultimamente è un po’ meno Capitan Fracassa, Rudi Garcia ha indubbio fascino, piace, come si dice a Roma “acchiappa”. E appena ha cominciato a vincere è diventato un guru, uno da “Invasioni Barbariche”. Adesso che se la passa male paga il conto del personaggio eccessivo che è. Tutti addosso.Garcia è un buon allenatore, per quanto abbia commesso gravi errori di presupponenza/ onnipotenza e in Champions finora abbia fatto un buco nell’acqua, la Roma fa bene a difenderlo fino a quando è possibile. Chissà, magari potrebbe essere un nuovo Luis Enrique, incompreso e fallito a Roma, stravincente a Barcellona. A favore di Garcia gioca un po’ anche questo fardello psicologico di chi deve giudicarlo: e se davvero fosse un fenomeno? Non credo che nessuno possa saperlo così facilmente, Roma ha macinato anche ottimi allenatori. Ma nel calcio sono i risultati che ti salvano, il resto sono chiacchiere. In bocca al lupo.