IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - “Il pallone è come una donna: ama le carezze”, sosteneva quel genio di Eric Cantona. E Miralem Pjanic, ormai è strachiaro, è uno che ama/sa accarezzare il pallone. Specie se sta fermo, immobile, il pallone ovviamente, al limite dell’area avversaria. A quel punto, il Piccolo (piccolo?) Principe diventa un’arma letale, un killer seriale, un uomo implacabile alla faccia del romanticismo delle carezze. Prima la Juve, cioè il superbo Buffon, poi il Carpi, cioè lo scarso Brkic, si sono dovuti inchinare alla magia del bosniaco: un passo e mezzo all’indietro, uno sguardo alla porta e poi la botta, il tocco, la sciabolata, la saranga o la suatta fate voi. Mai qualcosa di volgare, per carità: sempre una nuance di classe, un pizzico di aristocrazia. Una poesia. Tanto bella quanto drammatica, a seconda delle angolazioni legate al tifo. E anche un marchio di fabbrica, visto che con quella confezionata ai danni del Carpi, è salito a 9 il numero dei calci piazzati che Pjanic ha trasformato in lacrime per gli avversari.
L’EREDE AL TRONO Si sapeva che Miralem fosse uno specialista delle punizioni, avendo avuto come maestro a Lione un certo Juninho Pernambucano, ma - in verità - lui è uno che calcia in maniera diversa rispetto al brasiliano, amante della media-lunga distanza: Pjanic ti fa male anche o soprattutto dalla linea d’area, cioè dai 16 metri o giù di lì. Non è uno di quelli che tende furbescamente ad allontanare il pallone dalla porta avversaria, ad arretrarlo senza farsi vedere dall’arbitro: Mire bada a sistemare bene la sfera, magari su un ciuffo di erba un po’ più alto, e poi prende la mira... Gol, assist, giocate a colori e tanta, tanta continuità: il nuovo Pjanic ha preso in mano le redini della Roma e non le molla, risultando sistematicamente uno dei migliori in campo. C’è chi sostiene che il tutto sia legato a doppia mandata alla non più fissa presenza in campo di Totti. Come se, con il capitano in panchina, il bosniaco si senta o sia realmente più libero di esprimersi secondo natura e qualità. Non s’era detto, del resto, che Mire era stato acquistato per raccogliere con il tempo l’eredità di Francesco? Magari fosse vero che c’è (già) in giro un altro Totti...