De Sanctis, la mano del leader contro l’oblio

18/09/2015 alle 13:36.
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IL MESSAGGERO (S. CARINA) - Un calcio nel sedere da e un «dai c…» rabbioso di . Sarebbe interessante chiedere a se negli attimi che precedevano il suo ingresso in campo col , si è accorto di qualcosa. Chiamato all’improvviso a sostituire , Morgan si è sentito nuovamente importante. Perché è inutile girarci intorno: soprattutto per un , giocare è vitale. Un altro calciatore può ritagliarsi uno spezzone di gara, una manciata di minuti, contribuire alla vittoria o al pareggio con un guizzo di pochi secondi. Per un non è così. O giochi oppure rimani a guardare. E per uno come Morgan non deve essere stato facile rimanere in panchina. Anche perché i discorsi che gli erano stati fatti prima dell’estate erano diversi. Poi è arrivato , ribattezzato «» dal web romanista che ancora trova difficoltà a pronunciare un nome che somiglia a quello di un codice fiscale. Una, due, tre prove convincenti e è finito nel dimenticatoio.

NUOVA CHANCE - Il calcio è crudele ma sa anche regalare un’altra chance. Sicuramente Morgan avrebbe preferito che non arrivasse per un infortunio del collega-rivale ma tant’è, eccolo lì: alla prima occasione, di nuovo protagonista. Accolto dal boato dell’Olimpico, l’altra sera è sembrato impiegare qualche minuto per tornare il padrone dell’area. Perché è un leader nato, uno di quelli che a forza di urlacci riuscirebbe a spazientire anche il flemmatico Aldair. E invece contro il per qualche minuto Morgan è rimasto in silenzio. Gli è servita la parata su Iniesta di piede per risvegliarsi dall’apparente torpore. E con quell’intervento sono tornate le urla: prima per , poi per . Un’uscita nella quale ha perso il pallone, l’unico momento d’incertezza, azzerato dalla parata a terra su conclusione di Sergi Roberto. Il ko di dovrebbe regalargli la possibilità di tornare ad essere titolare per almeno quattro gare, tre di campionato e una di . Morgan sa di giocarsi molto, se non tutto. Riparte a 38 anni dal Sassuolo, all’Olimpico, proprio contro l’avversario che lo scorso anno azzerò in un’azione quanto di buono aveva fatto per un anno e mezzo nella capitale. Un rinvio sbagliato, il gol di Zaza, i mugugni. Lui si è sempre messo tutto alle spalle. Prima di approdare alla Roma confidò: «Vi accorgerete di che pasta sono fatti gli abruzzesi». Quattro partite per (ri) dimostrarlo e regalarsi, permettendo, un futuro nuovamente da protagonista e non da spettatore.