IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - «Daniele è fatto così e così ce lo vogliamo tenere. E' uno di personalità e la sua presenza nello spogliatoio si fa sentire. Sa di aver fatto una cavolata, non deve succedere ma può succedere. Non la farà più». Il testo è di Leonardo Bonucci: in questo modo ha "difeso" De Rossi dopo che, in campo, gli si è chiusa la vena e ha reagito mollando un calcio da terra al suo avversario, Mitsanki (che gli aveva mollato un colpo non proprio tenero, beccandosi pure lui il rosso). A Daniele, di essere fatto così, non è che vada benissimo, ha provato in tanti anni a correggere certe deviazioni caratteriali, ma riuscendoci solo a tratti: non tanto in Nazionale (due “rossi”), quanto nella Roma, certi episodi gli hanno creato più di un problema, scatenando il classico vortice mediatico, specie a Roma. «Non lo doveva fare. Vorrei rivedere le immagini, ma ho poco da dire: certe reazioni vanno evitate», invece Conte non lo giustifica per niente. Un episodio del genere crea i soliti corsi e ricorsi. L'eterno ritorno dell'errore: dalla manata a Srna nella Champions di qualche anno fa a quella a Mauri in un derby dell'era Zeman, con in mezzo altre alzate di gomito qua e là, quasi sempre con la maglia giallorossa addosso. Ma la madre di tutte le gomitate, se non altro per il palcoscenico che l'ha ospitata, è quella a McBride, mondiale 2006, Italia-Stati Uniti. Lì era proprio un bambino, la sua esuberanza non giustificabile ma perdonabile. De Rossi è il primo, come sempre, a capire di aver sbagliato, perché a trentadue anni non si può e non si deve, e soprattutto perché ha rovinato una storia bellissima recitata con la maglia dell'Italia, alla quale ha sempre tenuto tantissimo, diventando negli anni uno dei giocatori più presenti e quindi rappresentativi. L'esuberanza, stavolta, non è giustificabile, ma ovviamente resta perdonabile. Ha solo rovinato la sua favola del ritorno in azzurro.
IL FUOCO CONTRO - «De Rossi è migliorato: stavolta, almeno, ha fatto espellere pure un avversario», gli scrive qualcuno su twitter. Si fa ironia, ma c'è anche chi va giù con l'accetta. «Non cambierà mai» oppure «E' il più pagato della serie A, dovrebbe devolvere parte dello stipendi ai compagni di squadra». Ed ecco, ci risiamo: i soldi, la nota dolente, un discorso che davvero gli fa chiudere la vena, anche più di qualche calcione subito. De Rossi non sopporta che ci si riferisca sempre al suo stipendio. Chi lo fa è stato definito tifoso commercialista. E quei soldi sono stati sudati, è stato sofferto il suo rinnovo, e meritati e - secondo lui - non devono essere accostati ad alcuna sua stupidaggine. Ma ogni volta gli tornano su, presi a pretesto per sostenere altro.
CENTOUNO CON IL ROSSO - Fa pensare come uno che ha giocato 101 partite in Nazionale, che ha segnato 17 gol, agganciando al decimo posto Gilardino della classifica dei marcatori azzurri della storia (primo è Gigi Riva, 33 reti in 35 gare), possa cadere in gesti propri di un giovincello senza testa. Ma De Rossi, in questo ha ragione Bonucci, è fatto così. Subisce e perde il controllo. Di questo sospirato ritorno in Nazionale, Daniele si porta a casa il gol della vittoria e nient'altro. Ha lasciato Palermo scuro in volto, mantenendo il silenzio ed evitando di dire banalità del momento. Appuntamento a Roma, con la testa più lucida. Provando una nuova ripartenza. L'ennesima.