GASPORT (A. CATAPANO / M. IARIA) - La bordata la spara nei titoli di coda: «Tavecchio non è inadeguato, sono inadeguati altri». Ma il tentativo di affrancarsi, a quasi un anno di distanza, dall’epiteto razzista su Optì Pobà che segnò la sua campagna elettorale e dai “cattivi compagni” Lotito e Macalli è stato il filo conduttore delle due ore trascorse nella redazione della Gazzetta dal presidente della Federcalcio. Così come il fastidio, più o meno latente, nei confronti di chi, dal Governo al Coni, vorrebbe defenestrarlo commissariando via Allegri.
Presidente Tavecchio, ormai non passa giorno in cui non la accusino di qualcosa…
«Al mattino, se passa una nuvoletta nel cielo di Roma la colpa è di Tavecchio».
Seriamente, il presidente del Coni Giovanni Malagò ormai parla con una certa frequenza del suo commissariamento. Dietro di lui, il Governo continuerebbe ad esercitare quella moral suasion per farla fuori. È preoccupato?
«No, nel modo più assoluto. Sarebbe singolare se si prendesse un provvedimento tanto grave nei confronti di una Federazione che da 11 mesi funziona regolarmente, non ha problemi economici (anzi, abbiamo dato 22 milioni al Coni, siamo la sua stampella) e ha preso una serie di norme, apprezzate anche da Palazzo Chigi, per evitare nuovi casi Parma che purtroppo, e non per nostra volontà, non possono scattare subito, ma nel giro di quattro anni, in maniera progressiva. Se fossero state operative già da quest’estate, si sarebbero iscritte cinque società al prossimo campionato di A. E poi vi dico un’altra cosa: la Figc fa le norme, ma l’attuazione compete alle Leghe. Se dobbiamo fare tutto noi, datemi il miliardo e 200 milioni di diritti tv».
Malagò insiste: non vuole società che si iscrivono ad un campionato e poi si ritrovano penalizzate dalla giustizia sportiva. Può evitarlo?
«Ma questa è pura fantasia. Se a novembre salta fuori un nuovo illecito, come potevo prevederlo io? Il calcio italiano è diventato una valle di lacrime, più di imporre alle società e ai proprietari quello che abbiamo fatto noi su iscrizioni e acquisizioni, cosa dovevamo fare? Perché non sono state varate prima di me queste norme? È dal 1980 che abbiamo le alfette negli stadi, degli scandali ne parlano tutti, io rispondo con i fatti».
Però la Federazione non ha vigilato sufficientemente sul Parma.
«Questo non è vero. Siamo stati i primi a muoverci».
Sì ma dopo che i buoi erano scappati…
«Io non posso rispondere anche del passato. Quest’anno ci siamo letti tutti i bilanci, ci sono società in difficoltà, anche di grandi città. Le abbiamo avvertite che dalla prossima stagione vanno rispettati certi parametri, altrimenti sono fuori. Sono preoccupato dagli impegni a breve dei club: si può andare avanti per un anno, poi bisogna svoltare. Il sistema sta in piedi come sul Titanic... Un altro caso Parma non possiamo permettercelo. Non risolveremo le cose subito, ma con un piano quinquennale, direi brezneviano, possiamo risanare il calcio italiano e salvarlo dal crac».
Lei non ha votato Blatter appena toccato dallo scandalo. Eppure le hanno tirato le orecchie…
«È stata una scelta doverosa e coraggiosa, presa nonostante pressioni enormi dal sistema sportivo italiano. Non è stata apprezzata? Io ne vado orgoglioso».
Forse è meno orgoglioso della giustizia sportiva italiana. Ma di chi è la colpa, Palazzi o il Coni?
«Anche qui, per risolvere una volta per tutte il problema della lentezza, ho studiato la creazione di una Procura Dilettanti con tre sedi a Milano, Roma e Napoli che dovranno snellire il lavoro. Oggi dei 1500 provvedimenti che prende la Procura federale, 1100 riguardano i campionati dilettanti. Quando le tre sedi diventeranno operative, il procuratore Palazzi non avrà più alibi. Ma attenzione, tutto il sistema ormai è sclerotico. Abbiamo inviato al Coni delle proposte di modifica del codice di giustizia, a fine luglio ci diranno se e quali intendono accogliere».
Ci aspetta un’altra estate di deferimenti, processi, squalifiche. Mai come questa volta Palazzi dovrà fare una corsa contro il tempo.
«È per questo che domani, in Consiglio federale, stabiliremo un termine perentorio per l’esercizio della difesa durante le indagini, che pure continueremo a garantire, ma evitando di perdere tempo prezioso tra rinvii e certificati medici. Dobbiamo chiudere i processi sportivi di entro fine agosto».
Altrimenti, dice Malagò, il commissariamento della Figc diventa “inevitabile”…
«Ma chi lo ha detto? Noi abbiamo l’obbligo di rispettare solo la data comunicata all’Uefa dell’inizio della Serie A. La B e la Lega Pro possono cominciare a fine agosto o a settembre. L’importante è che prima si sia fatta reale pulizia».
Intanto, ha fatto un po’ d’ordine ai vertici della Lega Pro: dopo 18 anni al comando, Mario Macalli costretto alle dimissioni proprio da lei...
«È stata dura, anche dal punto di vista umano. Ma era doveroso. Domani il consiglio federale voterà la modifica al regolamento per risolvere la questione fideiussioni, farà decadere Macalli dalle sue cariche e nominerà un commissario che ci traghetti a nuove elezioni. Sarà un autorevole magistrato».
Macalli e Lotito: i suoi grandi elettori si sono rivelati dei compagni di viaggio ingombranti. Sicuro che le sia convenuto scegliere proprio loro?
«Io gestivo serenamente la Lega Dilettanti, che ho portato da 0 a 100 milioni di patrimonio. Quando mi hanno chiesto di candidarmi, calciatori e allenatori avevano già scelto Albertini. Io avevo il blocco dei dilettanti, un 34%, dovevo allearmi con qualcun altro per essere eletto, e chi era rimasto? Il problema è la legge Melandri, che ha assegnato alle leghe il 68% dei consensi. È il sistema che mi ha imposto questo matrimonio».
Come procede quello con Lotito? Lei ultimamente si è un po’ smarcato...
«Veramente l’ho fatto fin dall’inizio: volevano che gli assegnassi la vicepresidenza vicaria della Figc, e mi sono opposto. Poi, dopo la famosa telefonata con Iodice, sono stato io a togliergli la delega alle riforme del calcio».
La vicenda della deroga grida ancora vendetta.
«Ribadisco che in quel caso, trattandosi di una denuncia per calunnia, Lotito non aveva alcun bisogno di un’autorizzazione del sottoscritto».
Le servirà ben più di un Lotito per portare a casa la riforma dei campionati, la “madre di tutte le riforme”, come lei l’ha definita...
«Ho spostato la deadline al 14 agosto, nel prossimo mese farò riunioni non stop. L’ho già detto e lo ribadisco: senza accordo, bisognerà affidarsi ad un commissario ad acta per le riforme».
Qual è il suo punto di arrivo ideale?
«Il mondo professionistico va rivisitato, è inutile avere tre leghe, ne bastano due: una lega d’elite e un’altra che unifichi B e Lega Pro, quest’ultima con una mission chiara che valorizzi i giovani e tuteli i campanili. Ma pensate che sarà facile? Sarebbe straordinario scendere a 18 squadre in A e B, con due gironi da 18 in Lega Pro, totale 72».
Va rivista la governance della stessa Figc. È troppo ingessata. Il calcio d’élite ha esigenze diverse da quello di base, non crede?
«Cercheremo di migliorare la governance ma i dilettanti sono parte integrante del sistema».
Conte è sereno nonostante l’imminente richiesta di rinvio a giudizio per frode sportiva?
«Sì, è arrabbiato per come viene trattato, ma va avanti».
E lo sponsor Puma, che ha investito tanto denaro sul c.t., è contento?
«Certo. Semmai abbiamo il rammarico di non aver usato abbastanza Conte come testimonial».
Cosa pensa dell’invasione dei fondi d’investimento sui calciatori, come Doyen?
«Bisognerebbe classificarli dal punto di vista etico. La chiave di tutto è la provenienza dei soldi».
Con la Juventus c’è ancora una causa in corso, a nove anni di distanza da Calciopoli. Finirà mai questa diatriba?
«Confidiamo di chiudere il contenzioso entro l’inizio della prossima stagione».
E lei tra un anno cosa fa? Si ricandida?
«Andiamo avanti per stati di avanzamento. Il problema si porrà al momento giusto, tenendo conto della salute e dei risultati conseguiti. Una cosa è sicura: Tavecchio non è inadeguato, sono inadeguati altri. Poi se vogliono portino un quarantenne disposto a guadagnare 1440 euro al mese...» .