LA REPUBBLICA (M. MENSURATI / M. PINCI) - Il telefono bollente inguaia ancora Claudio Lotito. Una crepa profondissima nel sistema, il rischio concreto di vedersi sbattere in faccia un (nuovo) deferimento, quantomeno per omessa denuncia, che in caso di inibizione potrebbe portare alla decadenza dagli incarichi federali.
Colpa di una chiacchierata con il presidente del Catania Antonino Pulvirenti, due mesi esatti dopo quella con il dg dell’Ischia Iodice per cui è indagato per tentata estorsione dalla procura di Napoli. Che ora guarda con attenzione ai nuovi sviluppi intorno al numero uno della Lazio. Siamo nei giorni precedenti Catania-Avellino del 29 marzo, una partita che oggi la procura considera a tutti gli effetti combinata. E temendo la retrocessione, secondo gli inquirenti, i dirigenti del Catania si attivano per “l’alterazione del risultato finale delle singole partite” della squadra: qui nasce il sistema che ha fatto scattare le manette martedì scorso. Prima di trovare il canale giusto però, come scrive il Gip Sebastiano Di Giacomo Barbagallo nelle 478 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, il presidente Pulvirenti e l’ad del club Cosentino “ebbero a rivolgersi a Lotito con il quale si registrano numerosi contatti, precedenti e successivi alla partita con l’Avellino”. Finirà 1-0, prima di cinque vittorie di fila. Ma il giudice - ed è la questione più rilevante - evidenziando il ruolo di “influente membro del consiglio federale della Figc” ricoperto da Lotito, scrive che proprio a lui l’ad Cosentino “riconosceva il merito di avere in qualche modo condizionato il risultato” di quella partita. I testi delle intercettazioni però sono inutilizzabili: il fascicolo era aperto per le minacce a Pulvirenti, che era dunque parte lesa.