GASPORT (A. PUGLIESE) - A volte il destino è beffardo, altre il peso della responsabilità finisce inevitabilmente con lo schiacciarti psicologicamente. A Manuel Iturbe è successo un po’ tutto questo, prima tramortito dal peso dei milioni di euro spesi dalla Roma per averlo (23,6 ufficiali, più le commissioni) e ora messo di fronte a quello stesso destino beffardo che lunedì gli farà sfidare (a distanza) proprio Felipe Anderson. Un anno fa il laziale era la delusione dell’anno e Manuel il fenomeno da inseguire a tutti i costi, oggi le parti si sono sostanzialmente capovolte.
DESTINI CAPOVOLTI Tra i due ci sono meno di due mesi di distanza (FA7 è nato il 15 aprile 1993, Manuel il 4 giugno) che però, allo stato attuale, sembrano quasi un infinito. In termini di valori, di incisività, di risultati e prospettive. Eppure, come detto, lo scorso anno era tutto completamente diverso, con Iturbe che regalava assist su assist a Toni (quest’anno per l’argentino solo uno all’attivo) e Anderson che faticava da morire a conquistarsi non la maglia, ma anche solo un po’ di considerazione. A Iturbe sta succedendo più o meno la stessa cosa (compresi i gol in campionato, uno come all’epoca il laziale), anche se rispetto a FA7 di occasioni al primo anno nella Capitale ne ha avute sicuramente di più. E magari, in cuor suo, spera proprio che il percorso sia lo stesso, considerando l’esplosione di quest’anno del brasiliano. La sfida a distanza, però, lunedì rischia di essere impietosa, a meno che l’argentino non trovi il modo di cambiare in corsa l’inerzia della sua stagione. Servirebbe un colpo di coda, una serata da protagonista, una di quelle da tenersi stretto stretto nella propria collezione personale.
IMPORTANZA TATTICA Anche perché, se tutto verrà confermato, lunedì Iturbe e Felipe Anderson rischiano anche di incrociarsi spesso e volentieri in campo. La fascia di competenza è la stessa, con Garcia che all’argentino chiederà il solito grande lavoro di fatica e sacrificio in fase difensiva. Toccherà a lui aiutare Torosidis (o Holebas) a contenere le ripartenze del fantasista brasiliano, cercando di togliergli campo e di ridurre gli spazi dove può andare a far male. Insomma, in attesa che Iturbe possa finalmente decidere una partita dal punto di vista della produzione offensiva, il tecnico francese per ora si accontenta del suo spirito di sacrificio e della sua importanza per l’equilibrio della squadra quando non è in possesso palla. Del resto, nelle 25 partite giocate in campionato Iturbe ha recuperato 58 palloni, alla media di 2,32 a gara (contro le 2,03 del suo ruolo) e vincendo 23 contrasti (0,92 a partita contro i 0,43 del ruolo). Dati che testimoniano quanto può essere utile nei ripiegamenti difensivi.
DOLCI RICORDI Del resto, poi, la Lazio a Iturbe porta fortuna. O, quantomeno, evoca dolci ricordi. «Il gol più bello della mia carriera? Quello segnato su punizione ai biancocelesti», ha detto spesso l’argentino nei mesi scorsi. Era il 22 dicembre 2013 e Iturbe giocava nel Verona che al Bentegodi schiantò la Lazio per 4-1, con l’argentino capace di superare Marchetti di sinistro con una punizione da 25 metri. Un tiro non imprendibile, ma su cui il portiere biancoceleste non riuscì ad arrivare. Altri giorni, altre gioie, molto lontane dalle amarezze vissute in giallorosso. Chissà, un colpo del genere lo potrebbe anche aiutare a superare tante cose. Come il peso psicologico del costo del suo cartellino. E poi, chissà, magari Iturbe potrebbe davvero entrare nella scia di Felipe Anderson e ripercorrere le sue stesse tappe.