GASPORT (A. PUGLIESE, D. STOPPINI) - U n passo indietro per farne tre avanti. L’ultima Roma fa molto meglio del gambero. Produttiva di sicuro, spettacolare certamente meno, robusta nel modo giusto, accattivante al minuto 90, quando i punti in classifica fanno dimenticare che i migliori in campo, oltre al portiere, sono stati gli uomini di fatica e non quelli di qualità. Va bene così. Va bene per forza così, perché altra via non pareva possibile. La Roma era finita in un vicolo cieco, schiava di un’utopia che non riusciva più neppure a immaginare. In casi come questi serviva un esercizio di realismo. Esercizio che Garcia ha spiegato alla lavagna, rimesso in pratica dalla squadra per sommi capi sia contro il Cesena sia contro il Napoli. Bene, bravi, 10+: sei punti valgono un secondo posto confermato e un vantaggio a prova (almeno) di un paio di scivolini sulla quarta in classifica. Poco per sognare, abbastanza per rialzare la testa dopo il record eguagliato di mancate vittorie all’Olimpico, la doppia eliminazione dalle coppe, la contestazione e le parolacce volate nel post Europa League.
CHIUSI E COMPATTI Meno tiki taka, più contropiede. Che poi non è una novità assoluta della Roma di Garcia. Perché in fondo le 10 vittorie sui cui il tecnico francese fondò la scorsa stagione, avevano come minimo comune denominatore proprio la solidità difensiva e l’efficacia nelle ripartenza. È un ritorno al passato, più che un inedito. Perché è in questa stagione che la Roma aveva perso le sue caratteristiche: si piaceva troppo e finiva col piacere di meno. La fotografia di una squadra chiusa nella propria metà campo, nel secondo tempo contro il Napoli, è la sintesi di una nuova concretezza. Se sia la strada giusta per il paradiso, è tutto da dimostrare. Di sicuro, è una strada. Provata dai numeri di sabato scorso. Per esempio dal possesso palla: 46,60% contro il 61,80% di media in tutto il campionato. I tocchi palla sono la diretta conseguenza: 620 contro il Napoli, 769 di media nelle altre 28 giornate. Ma è l’impostazione di squadra ad essere diversa: il baricentro era molto basso, circa 5 metri in meno rispetto al solito. Logico allora che il fuorigioco sia stato attuato con una linea meno alta rispetto alla media (20 metri contro i 26,6) e che il recupero del pallone sia avvenuto più basso.
SALTO CULTURALE Una metamorfosi, insomma, soprattutto per uno come Rudi Garcia, che ha sempre avuto una filosofia propositiva, l’idea di un calcio estetico, il sogno di vincere segnando sempre un gol in più. Tutto finito nel cassetto, almeno per ora, anche perché adesso quello che conta davvero sono i punti, la classifica, quella Champions League da agguantare a tutti i costi. Ed allora pazienza se da qui alla fine la Roma penserà più alla sostanza che non al merito, l’importante sarà arrivare a dama. «Se sapremo difendere bene, per vincere ci bastare anche solo un gol» aveva detto il francese alla vigilia della sfida con il Napoli. Un manifesto del cambio culturale, la consapevolezza di avere una squadra che fatica a segnare (la miseria di 4 gol nelle ultime 7 partite). E allora molto meglio abbassarsi, difendere e ripartire. Anche perché quella con il Napoli è stata la quindicesima partita chiusa con la porta inviolata in questo campionato. La scorsa stagione, quella di Benatia e Castan tanto per intendersi, le volte furono 21 (23 considerando anche la Coppa Italia). La Roma probabilmente non arriverà a quel record, ma già avvicinarcisi vorrebbe dire anche essere molto ma molto più vicini alla Champions.