CORSERA (B. TOCCI) - La Roma non segna più, se non su rigore. È priva di idee, lenta, i protagonisti in campo sono molli. Il presidente Pallotta continua a perorare l’ottimismo, ha fiducia in Garcia, la parola crisi non rientra nel suo vocabolario. Eppure, l’evidenza non si può nascondere. Il mister ha perduto il carisma che lo aveva contraddistinto lo scorso anno: il feeling con i giocatori è andato via via diminuendo, metamorfosi quasi inspiegabile. Quasi, aggiungerei, perché gli errori sono evidenti e si pagano.
La Roma aveva bisogno come il pane di una punta ed al mercato di gennaio, invece, sono atterrati a Trigoria elementi che sono serviti a poco per non dire nulla. Ha sbagliato Sabatini, d’accordo. Ma perché il mister non ha alzato la voce, non ha protestato, facendo capire che in questo modo si sarebbe andati incontro ad un periodo nero? Il secondo posto ora è un sogno. Malgrado i punti siano gli stessi, la bilancia pende a favore della Lazio per una migliore differenza reti. Ma non è questo il punto: il nocciolo del problema è un altro. Per dirla chiaramente: è in pericolo la medaglia di bronzo, e cioè l’esclusione dall’Europa che conta.
Mancano sette giornate: quanto si potrà difendere la Champions se la Roma è quella che ha pareggiato con l’Atalanta (e non solo)? La nona è rimasta incompiuta.
Alla Lazio non è riuscita l’impresa di andare a vincere a Torino contro la Juve. Certamente, i bianconeri sono più forti, ma nel caso in questione Pioli qualche errore lo ha fatto. Nel primo tempo, ha tenuto fuori Candreva, cioè uno degli uomini-chiave del gioiello che lui stesso ha plasmato. I campioni d’Italia, vicini al quarto scudetto, ne hanno approfittato affibbiando ai biancazzurri un «uno-due» da cui non si sono ripresi, nemmeno nella seconda parte della gara. Da oggi in poi, non si ammettono più distrazioni o svarioni tattici. Sarebbe un peccato dopo un percorso così bello ed entusiasmante che ha incantato i critici di tutta Italia.