IL MESSAGGERO (S. CARINA) - Tifoso-calciatore-club: un triangolo non sempre perfetto. Marco Delvecchio ad esempio passerà alla storia per uno scudetto vinto e per il gesto (polemico) delle orecchie dopo un gol.
Amato e contestato, idolatrato e incompreso, prima con Zeman e poi con Capello non ha vissuto solamente momenti felici. Spesso ha dovuto combattere con un ambiente in fermento come nell’anno dello scudetto, quando la squadra venne contestata a Trigoria dopo l’eliminazione in coppa Italia: «Paura? No, quello no. E’ chiaro che la protesta della gente non ci fece piacere. Devo però ammettere che quella contestazione ci fece capire che dovevamo iniziare a ‘trottare’». Del rapporto tifoso-calciatore invece spiega: «Per come sono fatto io, testardo come pochi altri, più mi critichi e più voglio dimostrarti chi sono. Ma non siamo tutti uguali: ci sono altri che hanno caratteri deboli, si deprimono e non riescono più a giocare».
L’attore e tifoso Massimo Ghini è invece combattuto sulla querelle Pallotta-ultras: «Confido che il sentimento di confusione è quello che prevale. La premessa è che davanti alla morte di un ragazzo bisogna fare un passo indietro e infatti mi chiedo per quale motivo si è dovuto esprimere un giudizio morale su questa tragedia. Detto questo, avverto sempre una disparità di trattamento quando si tratta di giudicare quello che avviene alla Roma. Bisogna però essere il meno ipocriti possibili e dire che questa situazione di tensione è figlia anche delle difficoltà della squadra e della lontananza del presidente. Situazioni del genere credo che debbano essere gestite trovandosi in loco. Il mancato ricorso? Mi batterò sempre contro la violenza ma una presidenza dovrebbe saper anche mediare».