IL TEMPO (D. DI SANTO) - Dall’inferno al paradiso: «I medici mi avevano detto che rischiavo di non poter più giocare a calcio. Invece, grazie a Dio, sto recuperando e presto rientrerò in squadra». Ha un significato speciale la testimonianza di Leandro Castan durante il consueto raduno pasquale della «cellula» italiana degli Atleti di Cristo, organismo che raccoglie gli sportivi che hanno scoperto la fede. Reduce dal delicato intervento al cervello per rimuovere il cavernoma benigno che rischiava di troncare di netto la sua carriera, il difensore brasiliano della Roma ha condiviso il suo percorso di recupero fisico e spirituale durante la giornata all’hotel Enterprise di Milano.
«È stato davvero emozionante ascoltare le parole di Castan dopo tutto quello che ha passato», racconta Sergio Di Lullo, tra i fondatori alla fine degli anni ’90, insieme all’ex attaccante della Roma Paulo Sergio, della divisione italiana del movimento nato in Brasile nel 1984. «Ci ha raccontato quanto gli avevano detto i medici, che forse non avrebbe più potuto giocare a calcio - afferma Di Lullo, tra gli animatori della giornata - e che invece adesso sta recuperando bene e molto probabilmente, forse prima della fine della stagione, potrà rientrare normalmente in squadra».
Il difensore giallorosso si è visto anche ieri a Trigoria ma comincerà a fare sul serio in campo a partire dalla prossima stagione. L’obiettivo, prima della fine del campionato, è ottenere l’idoneità alla ripresa dell’attività agonistica entro aprile, circostanza che gli consentirebbe di strappare una convocazione «simbolica» nel finale di stagione.
All’appuntamento non poteva mancare il devotissimo Felipe Anderson, bomber della Lazio e stella nascente del campionato, che dopo un momento difficile ha ritrovato gol e continuità tanto da attirare l’attenzione dei maggiori club europei. «Felipe ha condiviso con noi la vicenda del suo papà - racconta ancora Di Lullo - a dicembre voleva andare a trovarlo in Brasile ma a causa dell’infortunio (subito durante il deby, ndr) non ha potuto». La storia è tristemente nota. Il padre del brasiliano è accusato di duplice omicidio. Avrebbe investito con la sua auto l’ex compagno della moglie dopo una lite per poi finire la corsa contro una casa provocando un’altra vittima. Felipe dal palco ha raccontato che il «Signore lo ha aiutato a superare queste difficoltà e che la sua esplosione a livello sportivo è il risultato del suo essere cristiano, in campo e fuori». Tra una lode e una canzone, una lettura e una preghiera, c’è stato il tempo per un piccolo derby romano tra Atleti di Cristo. Per Felipe Anderson il sorpasso ai danni della Roma è possibile: «Stiamo risalendo e presto potremo raggiungerli». Castan è buon cristiano, ma stavolta non porge l’altra guancia: «Al secondo posto ci siamo ancora noi. Sono sicuro che i miei compagni lo difenderanno».
Capitanati dal veterano italiano degli Atleti di Cristo, Nicola Legrottaglie, tra atleti e familiari erano un centinaio al raduno interconfessionale della domenica di Pasqua. Volti più e meno noti come Hernanes o i due portieri del lanciatissimo Carpi, Gabriel e Maurantonio, accanto a una nutrita schiera di onesti professionisti dello sport che difficilmente conquistano le cronache nazionali. Anche se, com’è noto, le vie del Signore sono infinite.