IL MESSAGGERO (M. FERRETTI) - Tu sai che devi marcare Higuain e, ovviamente, non fai bei pensieri, perché l’argentino è un avversario complicato, spigoloso, delicato. Uno di quelli che ti possono mandare di traverso ogni singolo secondo di gioco. Forte fisicamente e molto abile tecnicamente. Completo, insomma. E, allora, come si ferma un centravanti così forte? Kostas Manolas, il colosso di Nasso, se lo deve essere chiesto mille e più volte, alla vigilia della partita contro il Napoli. E, analizzando quanto è successo sul terreno dell’Olimpico, deve aver pensato e azzeccato la scelta giusta. Non perderlo mai di vista, innanzi tutto. Concentrazione, poi. Riflessi scattanti, a seguire. E presenza fisica. Questo mix ha portato il greco ad annullare il Pipita, cioè a barricare la difesa (che deve mandare un uovo di Pasqua al vecchio De Sanctis) e quindi a regalare alla Roma una vittoria all’Olimpico che mancava da oltre quattro mesi.
PORTA SPRANGATA - Era stato bravo a Cesena, Manolas, prima della sosta ma ieri è stato ancora più bravo, facendo salire di tono anche Astori, suo compagno di reparto. Questo vuol dire che il momentaccio per Kostas è passato, con la conseguenza che la Roma è riuscita a vincere due partite di fila per uno a zero. Una cosa che, in questa stagione, non era mai successa. La conferma che se tu riesci a non beccare gol (in campionato è accaduto 15 volte, gara con il Napoli compresa) hai più facilità di vincere: la Roma quando ha blindato la propria porta ha rimediato 11 successi (pareggi a reti bianche con Samp, Milan, Parma e Chievo). Kostas non è mai arrivato, e forse mai arriverà ai livelli di Benatia (e di Castan), ma la prestazione offerta contro Higuain ha confermato che non è l’ultimo della classe: non sarà neppure il primo, per carità, però non è un centrale da buttare. Un difensore che ha sofferto come hanno sofferto tutti i colleghi degli altri reparti ma che, complessivamente, ha ricevuto più elogi che critiche. Un elemento affidabile, in parole povere. Che, come sempre capita in questi casi, gioca bene se/quando viene aiutato dai compagni. Quando, insomma, l’intera fase difensiva della squadra funziona. In quel caso, tu ci metti un po’ (tanto) del tuo e, oplà, il gioco è fatto. Sembra facile, a parole. Ma non è esattamente così. L’importante, quando il sole torna a splendere, è non pensare che le nuvole non possano più far capolino.