IL TEMPO (T. CARMELLINI) - Benvenuti nell'annus horribilis della Roma. E chi pensava si potesse trattare solo di un periodo, di una flessione momentanea ed era in attesa del riscatto giallorosso si metta l'anima in pace. Cosi non sarà e questo è molto probabilmente solo l'inizio per una squadra pensata male, che continua a sbagliare tutto il possibile, non sa più segnare e riesce a perdere una partita come quella di ieri sera all'Olimpico contro una Samp imbarazzante. E a dirla tutta è anche un po' sfigata: un bel po'. Il bilancio comunque non dà alibi a nessuno: due tiri in porta e due gol per gli ospiti che non devono far altro che aspettare l'harakiri giallorosso. Al culmine del momento nero arriva così la prima sconfitta casalinga in campionato: vero, prima la Roma non sapeva più vincere, ma adesso ha imparato anche a perdere. Bel progresso, complimenti al genio di Garcia allenatore che non riesce più a connettersi con il suo gruppo lasciato allo sbando in balia di se stesso.
Ma la cosa che appare sempre più assurda è che questa squadra, senza gioco, senza un attaccante in grado di segnare e soprattutto senza attributi, resta ancora seconda in classifica: è la pochezza del campionato italiano. E la Lazio si è fatta sotto, col successo a Torino è volata a -1 e ha messo la freccia pronta all'imminente sorpasso: inevitabile stando a quello che racconta il campo. La squadra di Pioli gioca, segna e sa soffrire, quella di Garcia non gioca, non segna e quando c'è da soffrire si consegna agli avversari. È solo questione di tempo. Scudetto? Champions? Ma per cortesia, questa squadra, se continua a giocare così (o meglio a non giocare), è destinata a restare fuori da tutto. La Lazio a meno uno nella Capitale, sponda giallorossa, è una sorta di tragedia e i sintomi del malessere si erano già intravisti nel pomeriggio, quando i romanisti in attesa del posticipo serale, erano tutti li incollati alla tv a gufare la Lazio. Consapevolezza di una tragedia alle porte che si è consumata poi contro la Samp del «Viperetta»: altro romanista Doc. Peggio di così non poteva andare, perché oltre al danno arriva pure la beffa, visto che ci pensa De Silvestri un ex laziale (cuore biancoceleste) a dare il colpo di grazia a Totti & Co..
Eppure per larghi tratti la Roma aveva dato un segnale di speranza al suo popolo, giocando un prima metà di gara meglio di quanto visto negli ultimi periodi. Garcia non aveva giocato al risparmio e mandato in campo tutto il meglio a disposizione. Totti, risparmiato in coppa, al centro dell'attacco tra Gervinho e Iturbe, mentre a centrocampo torna all'antico con Florenzi esterno. La Roma va meglio e sembra ritrovare quelle verticalizzazioni che ne avevano fatto la fortuna. Ma mancano sempre gli ultimi metri, la conclusione: rispetto alle ultime uscite è comunque già un progresso. Adesso almeno la Roma crea e non si limita all'irritante quanto sterile palleggio a centrocampo.
A dirla tutta ai giallorossi manca anche un pizzico di fortuna, trovano un Viviano in grande serata e non riescono a sbloccare la gara: prima un paio di volte con Totti un po' macchinoso nei movimenti, poi con Iturbe, quindi con Gervinho che in velocità è letteralmente imprendibile. Ma non basta. E la ripresa sembrava partire col vento in poppa: Totti sbatte di pancia sulla palla che rotola fuori. La Roma arriva da tutte le parti, gioca meglio sta lì che sembra pronta al decollo, ma non riesce mai a staccare le ruote dalla pista. Poi a un certo punto arriva il blackout: rimpallo davanti ai pali di De Sanctis e zampata di De Silvestri che gela l'Olimpico. La squadra resta attonita e Garcia finalmente cambia qualcosa: prima sostituzione Verde (mah...), poi Doumbia, quindi Ljajic. Risultato? Raddoppio della Samp su altra bambola collettiva: 2-0 (Muriel). Scatta la contestazione dell'Olimpico che invita i suoi ad andare a lavorare. I tre fischi di Calvarese arrivano quasi come una liberazione. Tutti a casa, la Roma non c'è più: dopo stasera probabilmente è finita. E adesso Garcia più che rimettere la chiesa al centro del villaggio, deve trovare la forza per ricostruire un villaggio demolito dalla sua prosopopea.