GASPORT (S. VERNAZZA) - Il calcio italiano è senza anticorpi, non è possibile che uno come Giampietro Manenti sia diventato presidente di una squadra di Serie A. Non ne aveva e non ne ha lo spessore. Come si è capito subito, nel momento in cui il suo nome è venuto fuori, agli inizi di febbraio. E’ bastato interrogare le banche dati delle camere di commercio, scandagliare il suo passato di imprenditore «barlafüs », come dicono a Milano (il «nostro eroe» è nato a Bollate, nel Milanese).
DITTE In Italia risulta titolare di due ditte, la «Manenti Giampietro », impresa individuale, e la Medical Manenti Srl, con sede in Galleria Buenos Aires a Milano. Due aziende microscopiche. In Slovenia la punta di diamante, la famosa «Mapi Grup», grup scritto proprio così, senza la o che ci vorrebbe in inglese, con 7500 euro di capitale sociale e con sede in una villetta alla periferia di Nova Gorica, appena al di là del confine italiano. Più che una società, un refuso. All’inizio del 2014, quando Manenti voleva comprare il Brescia, un giornalista del Corriere andò a verificare di persona. La «Mapi» aveva (ha) sede nella casa di una coppia di commercialisti sloveni nella zona industriale di Nova Gorica: «Noi - raccontarono i due - l’abbiamo conosciuto grazie a un signore di Palmanova (in Friuli, ndr). Al dottore (Manenti, ndr) serviva una sede legale per la sua azienda». Per quale genere di attività? «Vini, vigne, viticultura. Il dottore ha previsto 100 dipendenti. Il primo passo è stato incontrare i dirigenti della filiale di Nova Gorica della Raiffeisen Bank». Un’etichetta plastificata con la scritta Mapi sulla cassetta della posta, un contatto con la locale agenzia di una grossa banca. Nessuna traccia di Gazprom, colosso russo dell’energia, presunto finanziatore occulto della Mapi. Millantato credito. Fiorenzo Alborghetti, il professionista che doveva rimettere a posto i conti del Parma, ieri ha così tratteggiato il profilo economico di Manenti: «La moglie fa la badante, vivono con la pensione della madre». E poi, col cinismo tipico dei manager: «Però meglio così, ce lo siamo tolti di mezzo». C’è da chiedersi perché Alborghetti si sia prestato alla sceneggiata Parma.
TENTATIVI Alborghetti lavora per la Cartiere Pigna, che Manenti aveva cercato di acquistare. Il «nostro» disse di aver pronti 19 milioni presso un notaio, promise nuovi posti di lavoro. Nulla. A vuoto anche i tentativi per comprare la Pro Vercelli e il Brescia. Millantatore seriale. A Brescia era diventato ospite fisso delle tv locali. Si presentava in tuta, con la barba sfatta, annunciava megainvestimenti. Firmò in diretta un «contratto coi bresciani» (per caso, vi ricorda qualcuno?). «Voleva tirarmi un bidone, ma non ci è riuscito - disse di lui Gino Corioni, ex presidente del Brescia -. E’ molto bravo a inventare storie finte». Un tifoso- cantante folk gli dedicò una canzoncina, la versione riveduta di «Sei un mito» degli 883, col ritornello corretto in «sei un mitomane»: la trovate in rete, il testo mette insieme pezzi di vita «manentiana».
DUBBI Sorvoliamo sulle auto, la Skoda scalcinata esibita a Brescia o la Citroen sottoposta a fermo amministrativo: non è la macchina che fa il monaco. Più interessante osservare che, a distanza di oltre un mese, la Dastraso di Cipro, riconducibile a Taçi, risulta ancora essere proprietaria del Parma, tramite la società Eventi Sportivi: questo dice il database delle Camere di Commercio. Forse un ritardo di comunicazione o forse no. Almeno una cosa è chiara: Manenti è l’effetto, non la causa.