GASPORT (A. CATAPANO, V. PICCIONI) - «Qui si fa la storia», rivendica Carlo Tavecchio. Non esagera. La svolta epocale cui dovrà condurre il percorso riformatore iniziato — gli va riconosciuto — ben prima del crac Parma, in realtà è già nel cambio di passo con cui la Figc, da ieri, prova a tornare organo di garanzia e controllore indipendente del calcio italiano. È presto per dire se la Lega di A sia rassegnata a rientrare nei ranghi o se arriveranno colpi di coda (ieri Lotito ha provato in tutti i modi ad annacquare qua e là), ma intanto la vittoria di ieri sta proprio nell’aver imposto per una volta alle capricciose società la propria visione delle regole. Stavolta scritte autonomamente. Ed essere riuscito — in questo caso sì dopo lunghi e accesi confronti — a farle passare all’unanimità (almeno per i club di A, Lega di B e Lega Pro si aggiorneranno tra un paio di settimane).
RENZI SODDISFATTO Un successo, registrato anche a Palazzo Chigi. Il Governo, che aveva visionato il documento su licenze nazionali e acquisizioni dei club in anteprima, applaude il risultato portato a casa da Tavecchio e il d.g. Uva: «Un lavoro serio, siamo soddisfatti», il commento che filtra dalla presidenza del Consiglio. Anche sotto questo aspetto, una grande giornata per Tavecchio. Ricordate da dove era partito? In sette mesi ha recuperato un rapporto con il Governo, forse riuscirà a completare il disgelo con la Juventus, intanto ha aperto con autorevolezza il grande capitolo delle riforme del calcio. «E se i campionati sono la madre di tutte le riforme — ha detto —, questo è il padre...».
GRADUALITÀ Ecco, l’atteggiamento è proprio del buon padre di famiglia. «Il calcio italiano è in crisi di liquidità — spiega il presidente —: bisogna rimettere mano ai principi contabili altrimenti ci saranno dei problemi. L’introduzione di queste norme terrà in vita il sistema. Ma abbiamo deciso di curare il malato in modo graduale...». E qui sta l’altro motivo di soddisfazione del Governo, che aveva chiesto alla Figc norme di iscrizione ai campionati severe ma graduali. D’altronde, pretendere tutto subito avrebbe tagliato fuori decine di società, rischiando di trasformare la prossima Serie A in un enorme problema di ordine pubblico, o, nella «migliore» delle ipotesi, si sarebbe ricorso all’esercizio tutto italiano (e non solo calcistico) della concessione di deroghe. Sarebbe stato questo sì poco serio.
MAI PIÙ MANENTI Perciò, l’auspicato pareggio di bilancio come conditio sine qua non per ottenere la licenza nazionale, diventa un punto di arrivo, fissato ai nastri di partenza della stagione 2018-19. Fino ad allora, come ha spiegato il d.g. della Figc Michele Uva, le norme approvate ieri prevedono paletti sempre più alti e un crescendo sanzionatorio per chi non rientrerà nei parametri. Da subito, bisognerà pagare i debiti con le società estere e il personale non tesserato; tra un anno l’ultima mensilità pagata valida per iscriversi sarà maggio, non più aprile; nel 2017 andranno rispettati tutti gli indicatori (di liquidità, indebitamento e costo del lavoro) in via di definizione. E per quanto riguarda le sanzioni, sempre gradualmente, si passa dall’obbligo di presentare un piano di riequilibrio già quest’estate al blocco totale del mercato nel 2017. Bloccati, ma da subito, nuovi Manenti all’orizzonte. Chi vorrà acquisire una quota non inferiore al 10% di una società professionistica dovrà rispondere ai requisiti di solidità e onorabilità. Tradotto: almeno una banca di primo livello dovrà garantire per lui e non dovrà aver subito condanne superiore ai 5 anni per frode, doping, truffa e appropriazione indebita, oltre a dover possedere la certificazione antimafia. È molto più di un primo passo. Il resto, arriverà. «Ora ci dedichiamo alla riforma dei campionati — annuncia Tavecchio —. Ma questa le leghe la capiranno?».