GASPORT (M. IARIA) - E’ bastato un gioco di prospettive per riaccendere una guerra, anzi «la» guerra del calcio italiano di questo decennio. Vecchie alleate, ora acerrime rivali. Milan da una parte, Juventus dall’altra. Pomo della discordia ciò che rappresenta la leva economica di tutto il sistema: i diritti tv, la loro commercializzazione, la loro utilizzazione. E non è affatto un caso se, estraniandosi dall’episodio di moviola, il club rossonero invochi registi indipendenti, contestando indirettamente la terzietà di Sky, e la società bianconera punti il dito contro un «soggetto che agisce sul mercato in veste di advisor della Lega, di procacciatore di sponsor per le società e persino di produttore di immagini», cioè Infront. È uno schema che si ripete, dalla polemica sulle rendite dei diritti internazionali alla burrascosa asta per i pacchetti domestici. Accuse reciproche di complicità: il filone pro-Milan non manca di fare allusioni ai legami tra i bianconeri e l’emittente di Murdoch e quello pro-Juve solleva a ogni piè sospinto il conflitto d’interessi tra i rossoneri, Mediaset e, appunto, Infront. Venerdì in assemblea ne vedremo delle belle, anche perché vanno ancora discussi i diritti accessori del prossimo ciclo 2015-18.
LEGGE MELANDRI Però qui è il caso innanzitutto di fare chiarezza. Con premessa d’obbligo: il prodotto-campionato che guardate alla tv è il frutto di una legge, la Melandri del 2008, che ha sancito la vendita centralizzata dei diritti della Serie A, e di una serie di norme che hanno standardizzato la diffusione televisiva delle partite, come avviene in Champions. Proprio la legge Melandri ha stabilito che, come prima opzione, siano i club a produrre il segnale e poi a cederlo alle emittenti, salvo delegare la Lega se non volessero farlo in proprio. Attualmente l’Inter, la Juventus e il Napoli si assumono il rischio d’impresa e decidono per il «fai da te», le altre 17 società si affidano invece a Infront. Occhio, però, la produzione del segnale è una materia eminentemente tecnica: si noleggia l’infrastruttura affidandosi solitamente a un service. Dopodiché esiste un protocollo da seguire. Le telecamere sono posizionate in punti prestabiliti, decisi dalla Lega e codificati nel Regolamento delle produzioni audiovisive. E, secondo la Melandri, è sempre la Lega in qualità di organizzatore del campionato a dover garantire il «coordinamento editoriale» e ad assicurare che il segnale vada a tutte le emittenti che hanno acquistato i diritti. Proprio per questo i registi sono pagati dalla Lega. Come vengono scelti? L’assemblea delle società ha deciso anzitempo di pescare dagli stessi broadcaster.
DESIGNAZIONI In ogni giornata 6 partite sono affidate a un regista che lavora a Sky, 3 a uno di Mediaset e una a un regista autonomo: di più a Sky perché prevalse il principio della proporzionalità con il valore dei contratti. Si stabilì all’epoca che la terzietà fosse garantita dalla rotazione dei registi sui campi della A. Prima di ogni weekend ci si vede e si designano i registi attraverso un meccanismo d’alternanza: prima scelta a Sky, seconda a Mediaset e così via. La proposta del Milan di affidarsi esclusivamente a registi indipendenti dovrebbe passare da un voto assembleare: teoricamente si può fare, a partire dal 2015-16, ma bisogna stipendiare dieci registi in esclusiva perché è chiaro che i migliori su piazza lavorano in pianta stabile nelle pay tv… A ogni modo, il regista non è solo: la squadra è composta anche da un assistente, da un produttore e da un producer Lega, che controlla che la qualità del prodotto sia conforme al regolamento.
TELECAMERE E POST-PRODUZIONE E’ chiaro che il regista ha un certo margine di manovra, altrimenti sarebbe un automa, ma la Lega gli impone alcune regole di base: mostrare sempre i replay di un gol o di un’ammonizione, evitare striscioni offensivi, riprendere il fuorigioco con la telecamera posizionata sui 16 metri. La particolarità del caso contestato in Juventus- Milan - un big match con il massimo numero di camere, 14 - è dovuta al fatto che Zaccardo e Tevez erano vicini alla linea di centrocampo, a beneficio non della classica telecamera che immortala gli offside ma di quella principale, la cosiddetta telecamera 1, le cui immagini sono state mostrate solo all’intervallo. Concludiamo con la linea tracciata sullo schermo al computer per indicare la posizione di attaccante e difensore. Qui non c’entra la produzione e non c’entra nemmeno il regista designato perché entriamo nell’ambito dell’autonomia editoriale di ciascun broadcaster. È quella che tecnicamente viene definita postproduzione. Se il segnale «pulito» è comune a tutti, in tutto il mondo, quello che ci metti sopra no: fermo immagine, rielaborazione tridimensionale, ecc. Sabato sera, comunque, Sky e Mediaset sono giunte alla stessa conclusione: il fuorigioco di Tevez non c’era.