LA REPUBBLICA (M. PINCI) - Nervosa, arrabbiata, scricchiolante. Un girone dopo la dichiarazione d’intenti di Rudi Garcia («Sono sicuro, vinceremo lo scudetto»), la Roma non potrebbe essere più lontana da quel desiderio diventato inevitabilmente un boomerang, anche per la credibilità del tecnico. I 9 punti dalla Juve, tre volte il distacco sancito dallo scontro diretto dell’andata, trasformano il prossimo faccia a faccia contro i bianconeri in una sorta di ultima spiaggia: non per il titolo, utopia destinata a restar tale, ma per non gettare a mare il lavoro di due anni, compresi i 20 milioni spesi sul mercato in estate e i 20 di gennaio. In cinque giorni si consumerà il destino di questa strana annata: giovedì il dentro o fuori di Rotterdam per giocarsi con il Feyenoord il passaggio agli ottavi di Europa League, lunedì la Juventus all’Olimpico, dove arriva rafforzata da un margine mai così ampio con l’inseguitrice in questo campionato. Agli occhi di un pessimista lunedì notte la Roma rischia di non aver più nulla da chiedere alla propria stagione, se non la difesa strenua del secondo posto da un Napoli che potrebbe in quel momento averla addirittura raggiunta. E di motivi per provare a essere ottimisti non è che ne vengano in mente molti: nel girone di ritorno la squadra marcia al ritmo di Cesena e Sassuolo, un punto sotto all’Empoli, uno sopra al Cagliari che ha giocato una gara in meno. Lo spogliatoio romanista inizia a mugugnare, anche contro Garcia: Totti esce, a guardarlo in faccia sembra chiedersi se, visto il secondo tempo di Verona, non fosse meglio togliere qualcun altro. E il pensiero tocca più di qualcuno.
Da tempo ormai il clima s’è fatto pesante e il partito degli scontenti è sempre più rumoroso: c’è chi si lamenta per essere stato sostituito contro il Parma, chi smania perché si sente il solo a correre su e giù per il campo, chi contro il Feyenoord ha preferito non entrare per un dolore che però non gli impediva di essere in panchina. Spifferi che gli infissi di Trigoria non trattengono più. Il tecnico ha perso leadership: agli occhi della piazza che dopo averlo nominato imperatore ha fatto in fretta a ergerlo a principale responsabile della crisi. E anche agli occhi della squadra non è più un monumento intoccabile: il ds Sabatini correva ieri ad auto flagellarsi per gli errori di mercato prima di giurare che «Garcia resterà a Roma anche l’anno prossimo». L’idea che serva annunciarlo pubblicamente rende ancora meno solida — semmai ce ne fosse bisogno — la sua posizione.