IL MESSAGGERO (U. TRANI) - Il terreno sabbioso del Bentegodi, senza dover per forza chiamare in causa il luogo comune dell'ultima spiaggia, è l'ultima trappola prima della sfida con la Juve di lunedì 2 marzo: la Roma, fiacca e confusa, cerca di riprendersi qui i punti lasciati ultimamente in casa. Oggi pomeriggio contro il Verona, però, conta solo il successo. Lo dice Garcia, anche perché la classifica, dopo la vittoria dei campioni d'Italia contro l'Atalanta nell'anticipo di venerdì allo Stadium, mette i brividi addosso: la capolista è a più 10.
MEGLIO IN VIAGGIO - La Roma va più forte fuori che in casa. Imbattuta in campionato da 13 turni, è la squadra che ha raccolto più punti in trasferta (14) dal 1° novembre, giorno dell'ultima sconfitta, al San Paolo contro il Napoli. Nelle 10 partite del 2015 i giallorossi hanno conquistato 2 delle 3 vittorie lontano dall'Olimpico, a Udine nella prima gara del nuovo anno e a Cagliari nell'ultimo viaggio. L'unica davanti al proprio pubblico in Coppa Italia e ai supplementari. Il Verona, tra l'altro, è in crisi almeno quanto il gruppo di Garcia: 12 punti in meno di un anno fa (solo il Parma ha fatto peggio: -23). Mandorlini, 4 ko su 4 contro la Roma (3 su 3 contro il collega francese), è in bilico: l'organico dà poche garanzie, colpa di cessioni (compreso il mistero oneroso Iturbe) e infortuni, ma questo non giustifica il rendimento scadente dell'Hellas che ha quasi la metà dei punti dei giallorossi (47 contro 24). In palio tra i due allenatori, dunque, c'è anche il futuro.
DUBBI INCROCIATI - Se Sabatini si autoaccusa per gli interventi sbagliati nella finestra invernale di mercato, limitandosi a farne una questione di tempi e di modi ma dimenticandosi invece i mancati rinforzi in ruoli tutt'ora scoperti (terzini), Garcia per la prima volta lascia intendere, sempre che non si sia espresso male (sarebbe strano: si fa capire meglio lui di tanti italiani, anche di qualcuno che gli è formalmente vicino), come Doumbia era la seconda scelta come centravanti (dietro almeno a Luiz Adriano). «Noi sapevamo di avere due giocatori impegnati nella Coppa d'Africa, ma non che un acquisto di gennaio sarebbe stato uno arrivato in finale dello stesso torneo». Anche se il francese non è più lo splendido oratore della stagione scorsa, il riferimento ai tre calciatori è chiaro: i primi due sono Keita e Gervinho, il terzo è proprio Doumbia.
CERTEZZE SMARRITE - «Bisogna solo vincere a Verona e stare zitti». Garcia evita di pensare al Feyenoord, giovedì il ritorno dei sedicesimi a Rotterdam, e soprattutto alla sfida del 2 marzo: «Ora non dobbiamo guardare la Juve. So solo che ha preso i tre punti con la giocata di un singolo, di un grande campione. Finché non riusciamo a vincere più gare di fila non serve a niente parlare del primo posto. Dobbiamo intanto fare di tutto per restare al secondo posto. Con 10 punti di ritardo, non ha senso parlare di primo. Questo è il miglior atteggiamento per provare ad attaccare la vetta». Ammette la flessione e ancora una volta chiede l'appoggio della piazza. «Viviamo un periodo difficile, ma i giocatori sarebbero più forti se avessero la fiducia dell'ambiente. È vero che la Roma pareggia troppo, ma in campionato ha perso solo due partite. Spero solo di non prendere gol in fuorigioco ogni volta...». La rete di Kazim Richards, giovedì sera all'Olimpico, giustamente non gli è andata giù. «Siamo tutti sulla stessa barca: la responsabilità dei risultati è di tutti. Nel bene e nel male».
GRUPPO DISORIENTATO - «Io vedo lo stesso atteggiamento dei giocatori verso di me. Non è cambiato. Chiedete, comunque, a loro se hanno sempre la stessa fiducia in me». Ovviamente il francese nega che la squadra abbia smesso di seguirlo, anche se la replica è poco convincente. Non dà peso nemmeno alle critiche della gente. «Quelle non arrivano dai tifosi. Basta girare per strada: la città ci dà tanta forza e tanto esempio della grandezza a cui potrebbe arrivare questa Roma. Io non lavoro solo per questa stagione, ma per costruire una grande Roma nel futuro e giocare ogni anno per il titolo».