LA REPUBBLICA (M. CROSETTI) - Il calcio non vuole cambiare e nemmeno gli conviene. Il suo vero capo si chiama Claudio Lotito, uno che dal vivo parla e agisce persino peggio che nelle telefonate. Uno che trova i soldi per tutti o quasi. Uno che ha molti amici, e ai nemici risponde come sappiamo. Uno che piazza i suoi pupazzi ovunque, e poi li fa parlare come un ventriloquo: l’ultimo si chiama Claudio Arpaia, appena entrato nel Direttivo di Lega Pro. Il pupazzo più comico tra le mani di Lotito continua ad essere Banana Tavecchio, squalificato dall’Uefa per razzismo, anche lui irremovibile: nel senso che non lo sposta neppure una ruspa. Ma il problema non sono pupo e puparo, il problema sono i presidenti, i padroni del pallone. Diciassette su venti stanno con Lotito. Secondo il puparo, un peone come Luca Campedelli — presidente di quartiere — col suo Chievo economicamente e televisivamente minuscolo non dovrebbe nemmeno cominciare a giocare. Invece, eccolo lì che manifesta amore a Lotito a colpi di lingua. E gli altri 16 idem. Che dire dell’assordante silenzio dell’Inter? E di Galliani, che con la parola “amico” spiega qualunque alleanza e legame? E di quasi tutti gli altri servi della gleba? Il calcio dei dilettanti ha provato a opporre qualcosa, la B forse ci sta pensando, invece la serie A si tiene privilegi, prebende, clan. Il cambiamento è ipocrisia: del resto, un campionato modestissimo riesce a farsi dare più soldi dalle tv, dunque pupari e pupi non sono proprio incapaci. Che poi si potrebbe ottenere molto di più, senza farci ridere dietro dal mondo, è evidente. E il potere che fa? Il Coni mima il solito sdegno formale come nei giorni delle banane, il governo al momento twitta, la procura federale è in attesa, forse di qualche camion di sabbia. E se alla fine fosse ipocrita pure lo sconcerto? In fondo, e purtroppo, personaggi come Lotito e Tavecchio rappresentano perfettamente il nostro calcio sfasciato, impoverito di valori, cialtrone, arrogante e miope, rozzo e incolto (l’uso delle parole conta ancora qualcosa: la presenza di Claudio Lotito al comando effettivo del nostro sport più popolare è anche un problema culturale). Nell’Italia dove volano botte e insulti in Parlamento, cosa possiamo aspettarci dai consiglieri federali del pallone, che per lo meno tengono ancora le mani a posto? Chi potrebbe mai esserci, a capo di questo calcio in coma? Il Dalai Lama? Stephen Hawking?