LA REPUBBLICA (M. FAVALE) - «Arrivavano dappertutto, sono saliti sul cofano della macchina, poi sul tettuccio, per scavalcarla. Uno ha provato a sfondare il vetro con pugno, un altro ha tirato un calcio allo specchietto. E io ero lì, dentro la mia auto, fermo, immobile». Marco Piras non è nemmeno un tifoso. Lui, il calcio non lo segue proprio. Manco sapeva che giovedì sera era in programma la partita di Europa League tra Roma e Feyenoord. Né, tantomeno, che un migliaio di tifosi arrivati da Rotterdam stavano da ore in piazza di Spagna a bere e rompere bottiglie di vetro nella Barcaccia.
L’altro pomeriggio, però, si è ritrovato imbottigliato nella sua Mercedes sulla discesa di via San Sebastianello, poco dopo le 16, nell’esatto momento in cui c’è stata la carica più energica della polizia che ha disperso gli ultimi hooligans di Rotterdam. Lui, consulente informatico di 43 anni, da lì ci passa spesso, praticamente ogni giorno. «Stavo andando a prendere le mie due figlie che frequentano una scuola lì vicino. Per fortuna non erano in macchina con me». Quando da viale di Trinità dei Monti svolta a sinistra per scendere lungo lo stretto budello che sbocca su piazza di Spagna nota una stranezza: «Normalmente c’è sempre un vigile che ti blocca e ti controlla il permesso. L’altro pomeriggio, invece, non c’era nessuno». Come lui, la strada la imboccano diverse auto. Davanti ha un taxi. Fanno in tempo a scendere ancora qualche decina di metri e si vedono travolgere da centinaia di tifosi in fuga. «Correvano rovesciando qualsiasi cosa. C’era la carica della polizia, stavano scappando ma la gente che volava passare era troppa, non sapevano dove andare». Si arrampicano sulla sua auto, la scavalcano. «Davanti a me — continua Piras — ho visto il conducente del taxi che ha provato a scendere dalla sua macchina. Gli hanno tirato un calcio allo sportello e ho capito anch’io che dovevo starmene buono, chiuso in auto».
La sua Mercedes bianca ha degli schizzi di sangue sul montante sinistro. «Un tifoso è arrivato correndo, perdeva sangue dalla testa. Ha sbattuto sulla macchina. Subito dopo è arrivato un altro tifoso che mi ha sfasciato lo specchietto con un calcio ». Per il resto, Piras è stato fortunato. Danni gravi non ne ha subiti. «È andata meglio rispetto alle auto e agli scooter che erano lì parcheggiati e che sono stati travolti dalla fuga dei tifosi ». Quello che resta è la paura per quei minuti di carica e la «sorpresa», dice lui, di essersi ritrovato in mezzo a una cosa «a me completamente estranea». Alla fine, passata la marea umana, riesce anche a prendere il telefonino per girare, in un video, la coda della carica. «Giusto pochi secondi, poi ho chiamato mia moglie. L’ho avvisata che ero un po’ in ritardo».