IL TEMPO (A. OSSINO) - Dai campi di calcio ai palazzi di giustizia. Giuseppe «Il Principe» Giannini sarà costretto ad alzarsi dalla panchina della nazionale libanese per sedersi in un aula della II sezione penale del tribunale di Napoli. L'ex capitano giallorosso e della nazionale, con un passato anche nel Napoli e nel Lecce, è infatti stato rinviato a giudizio al termine di un'inchiesta condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli che, nel gennaio del 2014, aveva già portato all'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 90 persone e al sequestro, anche nella Capitale, di beni riconducibili al clan camorristico Contini. Insieme a Giannini sono state rinviate a giudizio altre 104 persone.
Sarà il processo a chiarire il ruolo del campione che, secondo gli inquirenti, avrebbe commesso una frode nelle competizioni sportive. L'episodio si riferirebbe al campionato di Lega Pro 2008-2009, quando Il Principe allenava il Gallipoli. Secondo la procura Giannini, insieme al direttore sportivo Luigi Dimitri e a Salvatore Righi, ritenuto legato agli uomini del clan Contini, avrebbe versato 50 mila euro ad alcuni giocatori del Real Marcianise assicurandosi così la vittoria durante l'ultima giornata di campionato e la conseguente promozione in serie B. La partita infatti fu vinta dal Gallipoli. Un 3 a 2, quello ottenuto dai salentini, che consentì al club di raggiungere per la prima volta la promozione tra i cadetti.
In attesa del 17 febbraio, giorno in cui inizierà il processo, Giannini spiega di poter dribblare ogni accusa: «Confido nella magistratura e negli inquirenti che accerteranno la verità - ha affermato il calciatore - quando sarà il momento chiarirò l'intera vicenda, perché ci sono molte cose non vere. E se ancora il mio nome o quello dei miei familiari verrà accostato alla camorra, incaricherò al mio legale di agire di conseguenza». L'estraneità ai fatti del campione è sostenuta anche dal suo avvocato, Alfonso Stile: «Si tratta di notizie infondate. Il rinvio a giudizio è stato chiesto per aver concorso a falsare una partita. La stessa procura ha escluso qualsiasi collegamento tra questa vicenda e interessi camorristici. Inoltre - continua il penalista - Giannini non ha nessun rapporto di affinità o parentela con la famiglia Righi, c’era stato solo un flirt della figlia tanti anni fa».