LA REPUBBLICA (E. SISTI) - Calcio divertente e vero, una vince, l’altra perde ma resta attaccata con le unghie finché le unghie non si spezzano e Pjanic fischia la fine. La Roma aveva bisogno di questo per un milione di motivi invisibili. Doveva proprio vincere una partita così, dominando ma rischiando, esibendo bellezze corali e individuali, e al tempo stesso preoccupandosi. Esaltarsi e soffrire, da squadra forte ma non perfetta. L’Inter se l’è giocata a viso aperto, recuperando due volte il risultato. La Roma ha dominato per quantità e qualità, ha nuovamente esibito il suo formidabile potenziale offensivo, ha ridato finalmente continuità alla propria ispirazione, rendendola ancora una volta collettiva, però ha mostrato fragilità in difesa, nelle palle inattive e su qualche riposizionamento rapido. L’Inter non è stata a guardare, era più piccola della Roma ma ha fatto il possibile per nasconderlo. La Roma ha ritrovato se stessa col ritorno di Maicon. Non è un caso, anzi è l’esatto contrario. Il brasiliano effettua la prima discesa al 4’, più per testare le proprie condizioni forse, ma già si vede la differenza e un po’ già si capisce che film vedremo da quelle parti. L’Inter fa molta densità a centrocampo. Dodò ha problemi a controllare la sua zona di competenza, ed è lì che la Roma affonda, arricchita da Maicon. Al 21’ accade l’inevitabile, Maicon fa il proprio comodo, Ljajic scappa a tutti sulla destra, Dodò, Ranocchia e Kuzmanovic guardano, Gervinho è dentro la porta quando la butta dentro. A sinistra la difesa dell’Inter semplicemente non c’è e se c’è non si vede e se si vede fa disastri. La Roma gioca di prima e non incontra resistenze nei cambi di gioco, di fascia, la sua è una velocità insopportabile, di gambe e di pensiero, per molti interisti. L’Inter è macchinosa, ma appare più tranquilla rispetto a quando prendeva istruzioni da Mazzarri. Totti gioca ovunque e lancia anche a 60 metri di distanza. Al 28’ serve Nainggolan che calcia alto di sinistro. Con Guarin e Kuzmanovic che si accentrano, l’Inter non sfrutta quasi mai le fasce. Dodò è impaurito e Campagnaro è forse disabituato. Quasi identico al primo il gol annullato per fuorigioco al 34’ (Ljajic-Gervinho in combutta devastante su imbeccata di Pjanic). La Roma commette pochi errori. Quando lo fa paga subito dazio: Astori lascia saltare Ranocchia e l’Inter pareggia (36’). Medel è il migliore dei suoi, segue Totti o chi inventa gioco. Gervinho continua a scappare, Dodò ha il mal di testa, la difesa di Mancini si arrangia con Ranocchia (39’).
A inizio ripresa chi spunta? Cholevas. Un’azione da campione. Il giocatore finora meno appariscente di tutti (in stagione), uno che per predestinazione sembrava destinato a beccarsi sempre cinque in pagella, decide di cambiare pelle, prende palla ai 45 metri, resiste a tutto, persino a se stesso, pare uno che scappa dal questurino dopo aver rubato due pesche al supermercato, poi infila il pallone nel sette (2’). Di nuovo avanti, la Roma continua a devastare la zona di Dodò, dove l’Inter non marca mai Maicon. Un’altra leggerezza (nessuno chiude su Dodò) provoca il 2-2 di Osvaldo, complice la deviazione di Astori (12’). Roma potente per tre quarti, fragile in difesa, l’Inter l’ha capito, la Roma pure. Quindi vince chi segna di più. Nainggolan spara su Handanovic il possibile 3-2. Partita aperta e spettacolare. Gervinho fa ancora il matto sul fondo, serve Totti che riesce da terra a metterla nei piedi di Pjanic: 3-2. L’Olimpico diventa una bolgia. L’Inter protesta perché Totti ha giocato da seduto (ma aveva le gambe libere da contrasti). Mazzoleni espelle Mancini. Entrano Florenzi, De Rossi, Kovacic, Icardi, Obi e Iturbe. L’argentino va per due volte vicino al gol. Ma è Pjanic che dice basta con la sua splendida punizione di commiato: 4-2.