LA REPUBBLICA (S. MESSINA) - «Ahò, c’è pure Odoacre!». Sì, pure lui è venuto per cenare con Renzi, non il re germanico tornato dall’oltretomba ma l’eroe dei romani, anzi dei romanisti: Odoacre Chierico, leggendario centrocampista della Roma scudettata, che non ha neppure pagato i mille euro richiesti per sedersi al tavolo: «Sono stato invitato » sussurra, varcando svelto le transenne che tengono lontani cronisti, telecamere e fotografi dal Salone delle Fontane, un lungo palazzo bianco costruito da Mussolini per un’esposizione universale che non si fece mai.
Stasera fasci di luci tricolori illuminano la scritta voluta dal duce: «La Terza Roma si dilaterà sopra altri colli lungo le rive del fiumesacro fino alle spiagge del Tirreno ». Ma là davanti, per la seconda delle cene di fund raising volute da Renzi — che parlerà solo alle dieci, per dire che l’Europa è ferma ai box e per ripetere, tra l’altro, che le ferie dei magistrati sono troppe — invece dell’ordinata ostentazione austera di massicce solidità finanziarie c’è un vivace assalto caciarone all’ospite che arriva spaesato e incerto fino al gazebo che separa l’area degli invitati paganti dalla pericolosa area delle domande imbarazzanti, una zona calda che i più attraversano fingendo di parlare al telefonino, per non dover rispondere alle domande.
E quando arrivano dentro, dopo aver pagato mille euro per sedersi a tavola con il presidente del Consiglio (menù di Palombini: canapè con gamberi e zucchine, sformatini di parmigiana, ravioli di cacio e pepe, filettino di manzo con mandorle e spinaci e mousse ai tre cioccolati) scoprono che devono fare una fila di mezz’ora, in piedi, prima di raggiungere la sedia giusta. «Non è bello», mormorano, ma intanto sorridono per far vedere che davvero sono contenti di finanziare il Partito democratico, anche quelli che non hanno mai messo piede in una sede del Pd come James Pallotta, il presidente della Roma, l’ospite più fotografato. Pallotta, che negli States vota repubblicano, è qui per Renzi ma non risponde alle domande dei giornalisti. Si ferma solo per salutare un giovanotto barbuto in divisa da tifoso romanista (cappellino, sciarpa e felpa regolamentare) prima di accorgersi che è il comico Andrea Rivera, il quale si presenta come Er Focaccia e gli domanda a bruciapelo: «Hai pagato mille euro per una cena! Ma compra un terzino, no?».
Senza le vietatissime auto blu, arrivano alla spicciolata. Pochi con la Bmw con autista, molti arrivano a piedi, qualcuno sbuca dal taxi e cerca disorientato l’ingresso. La sala a poco a poco si riempie, e la fila si allunga. Arrivano il sindaco Marino e il governatore Zingaretti. Simona Bonafè e Luca Lotti si trascinano dietro il trolley per il ritorno a casa. Gennaro Migliore tiene le cuffiette nelle orecchie per non sentire le domande, Pina Picierno infila l’entrata alla velocità della luce. Pallotta, ospite a sorpresa, apre la lista dei vip, ricca di imprenditori come il costruttore Pierluigi Toti, registi come Fausto Brizzi e attrici come Claudia Zanella, che prima votava Rifondazione ma ha cambiato idea vedendo Renzi all’opera, «e stasera spero di incontrare il ministro Franceschini per dirgli di non finanziare più i circhi con gli animali». Poi c’è anche qualche ex di peso, come Fabrizio Rondolino, già dalemiano, che quando gli chiedono se il Pd di Renzi sia di sinistra risponde senza esitare: «Certo, è molto di sinistra!».
Matteo Orfini, ex giovane turco oggi presidente del partito, spiega che veramente lui era per il finanziamento pubblico, ma visto che è stato abolito «è necessario rivolgersi ai privati», perciò è giusto farle queste cene per vip, «anche se alle feste dell’Unità si mangia meglio». A Ernesto Carbone, membro della segreteria, non è andato giù che Gianni Cuperlo non si sia neanche fatto vedere, e lo dice fuori dai denti: «Dispiace il suo mancato impegno, questi soldi servono anche a salvare i posti di lavoro del nostro partito». Chicco Testa, già presidente dell’Enel, spunta con uno sciarpone rosso e non si scompone quando gli chiedono di queste cene democratiche riservate a chi può spendere: «Ne ho fatte tante! Per Rutelli, per Veltroni, per Zingaretti e pure per Bersani ».
Già, non è una novità. Inevitabile il confronto con la cena di Berlusconi, che proprio a Roma un mercoledì di settembre aveva riunito a cena tutti i danarosi sostenitori rastrellati da Maria Rosaria Rossi, la «debitiera» di Forza Italia. «A cena con il Presidente», era stato battezzato l’evento, forse in memoria dei bei tempi andati. Ma stavolta molti hanno dato buca, e alla Casina di Macchia Madama, teatro del convivio, si sono presentati solo in 220: pochini.
Ieri sera erano molti di più, quasi settecento, battendo persino il record dei 500 invitati che nella sfortunata campagna del 2001 Rutelli radunò all’hotel Excelsior. Il conto, allora in lire, era di mezzo milione a testa, e la prima a pagarlo fu Linda Giuva in D’Alema. Quella sera nel maestoso albergo di via Veneto arrivò una compagnia davvero molto assortita che andava da Rita Levi Montalcini a Flavia Vento. Più Chicco Testa, uno dei pochi che c’era anche ieri: tredici anni dopo.