Civile e non retorico, il San Paolo supera l’esame

02/11/2014 alle 10:51.
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CORSERA (F. BUFI) - Come accade spesso, quando le cose sono molto temute, poi non accadono. Se mai la tragedia del 3 maggio scorso — quando l’ultrà romanista Daniele sparò al tifoso napoletano Ciro Esposito — avrà uno strascico, sarà altrove e chissà quando, ma non è stato ieri e non è stato al San Paolo. Aveva quindi ragione il di Guido Marino quando in settimana ripeteva di sentirsi tranquillo. Perché ai tifosi giallorossi era stata vietata la trasferta, certo, ma anche perché i funzionari della Digos — il dirigente Luigi Bonagura e i suoi collaboratori — avevano, e avrebbero continuato ad avere, la situazione sotto controllo. E comunque, aggiunge il , «era una partita, non lo sbarco in Normandia».

I momenti più delicati erano ritenuti quelli in cui la squadra della Roma avrebbe circolato per le strade di , ma in pratica della presenza in à della comitiva giallorossa non si è accorto nessuno. Giunti in aereo a Capodichino, , e gli altri, sono stati scortati fino a un albergo all’interno del Parco della Mostra d’Oltremare, che è praticamente attaccata al lato tribune dello stadio San Paolo.

Così ieri, mentre i tifosi — anche qualcuno animato da intenzioni tutt’altro che benevole — erano in attesa del pullman dei giallorossi davanti all’ingresso degli spogliatoi, il bus partito dall’hotel ha percorso pochi metri fino ai cancelli davanti al varco autorità, e poiché per questioni di spazio non poteva oltrepassarli, i giocatori sono scesi e sono entrati a piedi. Senza che nessuno se ne accorgesse, risparmiandosi quindi anche la minima contestazione. Il resto dell’opera di distensione, poi, lo ha fatto il risultato (felice Benitez: «La vittoria di una squadra che lavora accanto ai tifosi. La dedichiamo alla memoria di Ciro»), anche se a metà del secondo tempo uno striscione minaccioso (la polizia sta indagando per identificarne gli autori) è stato esposto per qualche minuto in curva B. Avvertiva che «se occasione ci sarà non avremo pietà». Decisamente potevano risparmiarselo. Anche perché fino a quel momento le curve del San Paolo avevano dato prova non solo di assoluta civiltà ma anche di profondo rispetto verso la memoria di Ciro Esposito, evitando di sfruttarne nome e volto per coreografie che avrebbero avuto soltanto il sapore stantio della retorica.