GASPORT (M. IARIA/F.LICARI) - In Italia non c’è nemmeno l’ombra degli sceicchi spendaccioni che in questi anni se ne sono infischiati del fair play finanziario gonfiando i conti di Manchester City e Psg, le cicale perseguite dall’Uefa. Eppure, per ragioni diverse Inter e Roma sono finite ugualmente «sotto indagine» e tra oggi e domani si recheranno a Nyon per dare chiarimenti sui parametri sballati. Davanti alla camera investigativa del Cfcb (l’organo di controllo dei club) cominciano stamattina i giallorossi, guidati dal presidente Pallotta, con l’a.d. Zanzi e il d.g. Baldissoni, nella stessa sessione del Liverpool; domani sarà il turno dei nerazzurri, con Thohir in testa, il ceo Bolingbroke e il d.s. Fassone, nella seduta che coinvolgerà pure il Monaco. Si tratta di società che sono rientrate nelle coppe in questa stagione e che solo da qualche mese l’Uefa ha cominciato a monitorare: le eventuali sanzioni a loro carico scatteranno nel 2015-16, sulla base dei dati economico-finanziari registrati nell’ultimo triennio. Le altre italiane partecipanti attualmente alle competizioni europee — Juventus, Fiorentina, Napoli e Torino — sono a posto. L’Inter è la nostra che sta messa peggio: sì, anche la Roma sfora, ma tra le due c’è una bella differenza.
Parametro fondamentale - Il numero magico riguarda la regola-principe di tutto il fair play: il break-even, ossia il pareggio di bilancio. Per arrivarci, cioè per imporre il motto «spendi solo ciò che incassi», l’Uefa ha previsto degli step: in questa fase è consentito un deficit massimo di 45 milioni sommando algebricamente i risultati d’esercizio delle stagioni 2011-12, 2012-13 e 2013-14, con l’esclusione di alcuni costi come quelli virtuosi per stadi e vivai e (solo per il 2011-12) degli emolumenti dei giocatori contrattualizzati prima del 1° giugno 2010. Ecco, partendo dai risultati d’esercizio ante-imposte, quelli contenuti nei documenti ufficiali, e depurando alcune voci, la Gazzetta è arrivata a queste stime: il rosso finale dell’Inter è di circa 180 milioni, quello della Roma di 100. C’è una montagna, più o meno grande, da scalare e per riuscirci scenderanno in campo direttamente i numeri uno. La presenza di Thohir e Pallotta, che magari ne approfitteranno per salutare Platini, non è casuale: testimonieranno in prima persona gli sforzi delle nuove proprietà tesi alla costruzione di progetti a medio-lungo termine.
Qui Inter - A ben guardare il modus operandi dell’indonesiano, così lontano dal vecchio mecenatismo all’italiana, va proprio nella direzione richiesta dall’Uefa. Una società che cammini sulle sue gambe, che si autofinanzi, senza chiedere aiuto all’azionista. Thohir e soci hanno versato nell’Inter 75 milioni per l’aumento di capitale iniziale di un anno fa, hanno erogato un prestito fruttifero da 22 milioni (al tasso dell’8%!) e non vogliono tirar fuori altri soldi. Il problema è che il passato non si cancella con un colpo di spugna e di quello l’Uefa chiede conto. Nell’ultimo triennio i nerazzurri hanno accumulato perdite consolidate (prima delle tasse) di 271 milioni; con tutti gli aggiustamenti possibili si arriva a -180, lontanissimo dal -45 consentito. La difesa dell’Inter poggerà sul piano di risanamento e sviluppo, su base quinquennale, che ha convinto le banche al mega-finanziamento di 230 milioni. E proporrà all’Uefa una lettura attenta dei consuntivi: il costo del lavoro è sceso dai 234 milioni del 2009-10 ai 116 del 2013-14. La leva delle spese è stata agitata parecchio e i frutti continueranno a vedersi in questa stagione, visto che budget prevede una perdita di 50 milioni, praticamente dimezzata rispetto al -103 del 30 giugno 2014, grazie al taglio di salari e ammortamenti e all’aumento dei ricavi commerciali, tra Infront e Nike. Proprio sul fronte dell’entrate Thohir dovrà essere abbastanza convincente per far capire all’Uefa che un modello di diversificazione del giro d’affari è possibile.
Qui Roma - I giallorossi stanno messi meglio. Il rosso del triennio ammonta a 127 milioni, tolte alcune spese scende a quota 100. Il -45 resta comunque lontano e, a differenza dell’Inter, la Roma non potrà vantare l’austerity perché la gestione americana ha seguito altre vie: basti pensare che gli stipendi sono cresciuti da 94 a 108 milioni nell’ultimo anno. Ma Pallotta racconterà cosa ha in mente per il futuro, l’ambizioso progetto di internazionalizzazione del marchio, la scommessa del nuovo stadio. E con i premi della Champions il fatturato avrà un’impennata già in questo esercizio. L’Uefa ha richiamato la Roma anche perché il patrimonio netto consolidato è negativo per 81 milioni (-4 per l’Inter): questo, però, non è un parametro vincolante.
Cosa rischiano - L’Uefa non risponderà subito. Studierà le carte per un mesetto, incontrerà nuovamente Roma e Inter, e sottoporrà loro la
probabile sanzione e l’eventualità di chiudere il contenzioso con un patteggiamento prima di passare alla Disciplinare. Cosa rischiano le italiane (l’Inter di più)? Ripensando a Psg e City, si possono ipotizzare trattenute sui premi Uefa, riduzione delle rose, limiti alle spese per il mercato. Senza patteggiamento, anche peggio.