GASPORT (A. CATAPANO) - Schiena dritta e spalle larghe. Così la Roma è tornata irresistibile. E così Garcia ha scoperto il sapore di una vittoria a novembre. E in effetti, chi può resisterle (in Italia) quando usa le fasce (almeno una) costringendo i difensori avversari ad allargarsi e aprendosi un’autostrada in mezzo, dove, a turno, sfrecciano più o meno tutti, dando quell’inebriante sensazione dell’arrivo di una cavalleria? Nulla di nuovo, Garcia ha riproposto il suo spartito preferito. Solo che non lo vedevamo da un po’. Ieri, l’«inganno» è riuscito perché lo schieramento avversario si prestava (difesa a tre) e la squadra è tornata ad usare la fionda (Torosidis) e il grimaldello (Totti).
T&T Totti più di tutti, e non è una novità. Toro (il romanista) come un cavallo, ed è stata una delle migliori esibizioni del greco da quando l’uomo inventò il gioco sulle fasce. Alla base di tutto, fonte allo stesso tempo di salvezza, sopravvivenza, successo, c’è la generosità di Totti: caso unico di cavaliere che serve il suo scudiero (ecco perché va compreso se si infastidisce un tantinello quando viene sostituito...). Emblematico in questo senso il gol del vantaggio: lui che si defila sulla destra, Torosidis che capisce, si accentra, entra in quell’autostrada di cui vi raccontavamo, spinge sull'acceleratore, raccoglie il famoso cross al compasso del capitano e, essendo Torosidis, non Gervinho, segna.
«Più oltre» Stordente come la celebre mossa della Loren, lo spostamento a destra di Totti manda in tilt il Torino (che pure ha provato fino all’ultimo a cucire, rattoppare, ripartire) perché consente alla seconda linea di avanzare, spaventare, conquistare metri, così da trasformare una partita di calcio in una battaglia impari, con un’arma micidiale: la spina dorsale usata come catapulta. Dove De Rossi protegge come un papà (e infatti la Roma porta a termine la sesta partita casalinga senza subire gol), Keita letteralmente tiene in piedi la casa (e segna il primo gol in Serie A), Pjanic disegna geometrie che canterebbe Battiato, e Totti... vabbè, è come l’intellettuale di C’eravamo tanto amati, «più oltre».
In conclusione... Logico che con la schiena dritta e le spalle larghe l’impressione finale sia di una grande, avvolgente prova corale. Il concerto di un’orchestra in cui nessuno stecca (e chi inciampa, ad esempio Cole, viene subito aiutato a rialzarsi). E altrettanto logico che nel tabellino dei marcatori finiscano un interprete di ogni reparto. E messo insieme il tutto alla fine non stupisce che le statistiche, per una volta, non raccontino nulla di diverso dalle impressioni. De Rossi ha giocato 105 palloni, più di lui solo Pjanic (121), il migliore della squadra pure per passaggi positivi (93), lanci positivi (10), sponde (6), palle recuperate (9, ma anche 17 perse). Mentre Keita è il primo per contrasti vinti (3) e Totti, ça va sans dire, quello che ha creato più occasioni (5). Con una spina dorsale così, niente può far paura a questa Roma.